
Non ho mai aderito ad uno “sciopero” studentesco.
L’unica volta in cui non entrai in classe a fronte di un “picchetto” fu per l’ultima Festa delle Matricole, nel 1970, celebrata “come una volta”.
Quando la sinistra organizzava “picchetti” per impedirci di entrare ero in prima fila a sfondarli.
Non ho mai tollerato che mi venisse imposta una scelta altrui con la violenza di uno sbarramento che mi voleva impedire di entrare a scuola (o al cinema, o in ufficio).
Altri miei compagni di classe e di scuola fecero la stessa scelta ed altri ancora una scelta differente.
Certo, io ho frequentato un liceo classico dove non si era mai occupato, solo in questi ultimi due anni ho letto che persino il vecchio e glorioso Galvani aveva subito tale onta.
Certo, ho avuto la fortuna di frequentare una scuola pubblica che, ancora, nel corpo insegnante come nel programma degli studi era fortemente influenzata dall’impronta impressa dalla Riforma Gentile, anche se in quei cinque anni, dal 1970 al 1975, subiva il pesante attacco nichilista che avrebbe poi, andati in pensione i vecchi insegnanti – sacerdoti di una Cultura e di un Sapere che temo siano andati definitivamente dispersi – disgregato la nostra istruzione.
Le mie nozioni risentono dunque di quel periodo e me ne sono accorto nel corso degli anni in cui mentre da una parte citavo Autori della Letteratura Italiana, Latina e Greca e vedevo espressione vacue sul viso di gran parte dei più giovani, dall’altra – fino ancora a pochi giorni prima della sua morte – avevo mio padre che mi coglieva in errore, ricordandosi, lui, quel che i miei più freschi anni di studio non ricordavano.
Purtroppo io, come gran parte – se non tutti – quelli della mia generazione non diedi retta, nonostante avessi fatto la scelta di stare dalla parte opposta della barricata rispetto ai “contestatori”, alla esperienza di mio padre e degli adulti che mi/ci invitavano a dare priorità allo studio.
Le lacune di allora ce le siamo portate dietro, tutti, con la conseguenza di abbassare il generale livello qualitativo della Cultura in Italia.
E non sto parlando, ovviamente, solo delle rimembranze letterarie, ma di tutto ciò che forma la base di una conoscenza che non può, non è, solo algidamente tecnica.
Ed è proprio il progressivo scomparire di una Cultura umanista che ha consentito il fiorire di tanti miti, fondati essenzialmente sull’effimero.
Negli anni ottanta il fenomeno degli Yuppies che, almeno, si erano posti degli obiettivi di carriera, ma dopo ?
All’estero hanno capito da tempo che il problema del futuro sta anche e soprattutto nella formazione culturale delle giovani generazioni.
Nella capacità di insegnare loro a studiare, a capire, ad interpretare, ad elaborare in modo autonomo, senza ridursi a ripetere le vuote liturgie degli slogan, dei "sentito dire" e dei pensieri altrui
All’estero l’hanno capito e, studiato il fenomeno, hanno anche capito che la scienza, disgiunta dalla conoscenza umanistica, rende arido il sapere.
Vediamo quindi un grande rifiorire di studi umanistici, la ripresa dello studio della lingua latina che è studio di un periodo fecondo per idee e profondità di pensiero, ma anche di Valori che devono essere ricordati e riscoperti.
In Italia la frammentazione politica, gli interessi particolari, le consorterie di vario genere, l’ipertrofia del pubblico e la “comodità” degli stessi genitori – che dovrebbero essere i primi a volere una scuola selettiva e non un diplomificio – ha ritardato gli interventi necessari per ripristinare il senso della Cultura.
Sono dell’idea che i più giovani, non ascoltino le “prediche” dei più anziani.
Fanno male e se ne accorgeranno e alcuni, in futuro, lo riconosceranno.
Ciononostante non rinuncio a fare un appello a voi ragazzi che oggi andate a scuola e all’università, perché facciateo quel che il vostro ruolo prevede: studiate !
E non perdete tempo ad occupare scuole, sfasciare beni privati, manifestare in piazza.
Fra trenta anni ai centomila che ieri erano in piazza resterà solo, da giocare nella ruota della vita, quel che hanno conseguito negli studi e non gli slogan che hanno urlato nelle piazze.
Non a tutti, però.
Qualcuno, qualcuno che oggi arringa gli altri come un capopopolo, metterà all’incasso il suo avervi trascinato per le strade, ottenendo posti in pubbliche “Authority”, oppure in redazioni di quotidiani, oppure qualche seggio in parlamento.
Uno su mille ce la fa, diceva una canzone di qualche anno fa, in questo caso, ancor meno di uno su mille.
Infatti ne è rimasto uno solo che, parlando del ’68, continua ad esclamare “formidabili quegli anni !”, come il venditore ambulante di pozioni “miracolose” di tanti vecchi film; pochi sono riusciti ad entrare nell’establishment politico-amministrativo, mentre la maggior parte degli altri, anche quelli che non si sono “bruciati”, sono rimasti, come minimo, con l’amaro in bocca.
Contestare la Riforma Gelmini, significa dare picconate al futuro vostro e della nostra nazione.
E ve ne accorgerete solo quando sarà troppo tardi, quando altri avranno approfittato della situazione, mentre voi eravate indotti a guardare in un’altra direzione.
Questo dice l’esperienza.
Liberissimi voi, di farne buon uso o di ignorarla.
Entra ne
L’unica volta in cui non entrai in classe a fronte di un “picchetto” fu per l’ultima Festa delle Matricole, nel 1970, celebrata “come una volta”.
Quando la sinistra organizzava “picchetti” per impedirci di entrare ero in prima fila a sfondarli.
Non ho mai tollerato che mi venisse imposta una scelta altrui con la violenza di uno sbarramento che mi voleva impedire di entrare a scuola (o al cinema, o in ufficio).
Altri miei compagni di classe e di scuola fecero la stessa scelta ed altri ancora una scelta differente.
Certo, io ho frequentato un liceo classico dove non si era mai occupato, solo in questi ultimi due anni ho letto che persino il vecchio e glorioso Galvani aveva subito tale onta.
Certo, ho avuto la fortuna di frequentare una scuola pubblica che, ancora, nel corpo insegnante come nel programma degli studi era fortemente influenzata dall’impronta impressa dalla Riforma Gentile, anche se in quei cinque anni, dal 1970 al 1975, subiva il pesante attacco nichilista che avrebbe poi, andati in pensione i vecchi insegnanti – sacerdoti di una Cultura e di un Sapere che temo siano andati definitivamente dispersi – disgregato la nostra istruzione.
Le mie nozioni risentono dunque di quel periodo e me ne sono accorto nel corso degli anni in cui mentre da una parte citavo Autori della Letteratura Italiana, Latina e Greca e vedevo espressione vacue sul viso di gran parte dei più giovani, dall’altra – fino ancora a pochi giorni prima della sua morte – avevo mio padre che mi coglieva in errore, ricordandosi, lui, quel che i miei più freschi anni di studio non ricordavano.
Purtroppo io, come gran parte – se non tutti – quelli della mia generazione non diedi retta, nonostante avessi fatto la scelta di stare dalla parte opposta della barricata rispetto ai “contestatori”, alla esperienza di mio padre e degli adulti che mi/ci invitavano a dare priorità allo studio.
Le lacune di allora ce le siamo portate dietro, tutti, con la conseguenza di abbassare il generale livello qualitativo della Cultura in Italia.
E non sto parlando, ovviamente, solo delle rimembranze letterarie, ma di tutto ciò che forma la base di una conoscenza che non può, non è, solo algidamente tecnica.
Ed è proprio il progressivo scomparire di una Cultura umanista che ha consentito il fiorire di tanti miti, fondati essenzialmente sull’effimero.
Negli anni ottanta il fenomeno degli Yuppies che, almeno, si erano posti degli obiettivi di carriera, ma dopo ?
All’estero hanno capito da tempo che il problema del futuro sta anche e soprattutto nella formazione culturale delle giovani generazioni.
Nella capacità di insegnare loro a studiare, a capire, ad interpretare, ad elaborare in modo autonomo, senza ridursi a ripetere le vuote liturgie degli slogan, dei "sentito dire" e dei pensieri altrui
All’estero l’hanno capito e, studiato il fenomeno, hanno anche capito che la scienza, disgiunta dalla conoscenza umanistica, rende arido il sapere.
Vediamo quindi un grande rifiorire di studi umanistici, la ripresa dello studio della lingua latina che è studio di un periodo fecondo per idee e profondità di pensiero, ma anche di Valori che devono essere ricordati e riscoperti.
In Italia la frammentazione politica, gli interessi particolari, le consorterie di vario genere, l’ipertrofia del pubblico e la “comodità” degli stessi genitori – che dovrebbero essere i primi a volere una scuola selettiva e non un diplomificio – ha ritardato gli interventi necessari per ripristinare il senso della Cultura.
Sono dell’idea che i più giovani, non ascoltino le “prediche” dei più anziani.
Fanno male e se ne accorgeranno e alcuni, in futuro, lo riconosceranno.
Ciononostante non rinuncio a fare un appello a voi ragazzi che oggi andate a scuola e all’università, perché facciateo quel che il vostro ruolo prevede: studiate !
E non perdete tempo ad occupare scuole, sfasciare beni privati, manifestare in piazza.
Fra trenta anni ai centomila che ieri erano in piazza resterà solo, da giocare nella ruota della vita, quel che hanno conseguito negli studi e non gli slogan che hanno urlato nelle piazze.
Non a tutti, però.
Qualcuno, qualcuno che oggi arringa gli altri come un capopopolo, metterà all’incasso il suo avervi trascinato per le strade, ottenendo posti in pubbliche “Authority”, oppure in redazioni di quotidiani, oppure qualche seggio in parlamento.
Uno su mille ce la fa, diceva una canzone di qualche anno fa, in questo caso, ancor meno di uno su mille.
Infatti ne è rimasto uno solo che, parlando del ’68, continua ad esclamare “formidabili quegli anni !”, come il venditore ambulante di pozioni “miracolose” di tanti vecchi film; pochi sono riusciti ad entrare nell’establishment politico-amministrativo, mentre la maggior parte degli altri, anche quelli che non si sono “bruciati”, sono rimasti, come minimo, con l’amaro in bocca.
Contestare la Riforma Gelmini, significa dare picconate al futuro vostro e della nostra nazione.
E ve ne accorgerete solo quando sarà troppo tardi, quando altri avranno approfittato della situazione, mentre voi eravate indotti a guardare in un’altra direzione.
Questo dice l’esperienza.
Liberissimi voi, di farne buon uso o di ignorarla.
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