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17 gennaio 2019

L'errore dei Britannici


Sono favorevole alla Brexit, all'Italexit, alla fine di questa Europa delle burocrazie e della finanza.
A me piaceva l'Europa del Mercato Comune, una zona di libero scambio, in cui, però, ogni stato manteneva intatta la propria indipendenza e sovranità.
I Britannici, che sono sempre un passo avanti, lo hanno capito da un pezzo e già con la Thatcher (ricordate ? "! want back my money !") aveva messo all'angolo i grigi burocrati francotedeschi.
Il successo (insperato) al referendum del giugno 2016 è stato però gestito malissimo, forse perchè ottenuto da chi (Farage e l'Ukip) non era e non è al governo.
L'errore della May (tanto di cappello a Cameron che ebbe la dignità di dimettersi, dimostrando che non era uomo per tutte le stagioni) è stato quello di pensare di andarsene tra gli applausi di Juncker e compagni.
L'errore è stato quello di voler essere troppo "inglese" e cercare l' "agreement".
L'errore è stato quello di non aver incassato la vittoria della Brexit al referendum interno per giocare un ruolo attivo all'interno dell'Europa, attendendo altre spinte centrifughe, inevitabili.
Immaginiamo se la May avesse ritardato la sua notifica di uscita, adesso, con un governo italiano Lega e Cinque Stelle, potrebbe esserci un asse contrario a quello francotedesco che potrebbe essere polo di attrazione di vari altri stati, per poi completare un'uscita di massa che avrebbe ammazzato Bruxelles e i suoi paladini.
Adesso la May (o chi dovesse sostituirla) ha una sola strada: una uscita dirompente, senza accordo, senza pagare una sterlina a Bruxelles, sbattendo la porta e saldandosi con Trump e con tutte le nazioni del suo Commonwealth, riaprendo il discorso con Mosca e guardando in autonomia a Pechino.
Un rinnovato e ritrovato asse tra Stati Uniti e Regno Unito potrebbe nuovamente essere un polo di attrazione per tanti stati cui l'Europa di Juncker e Tajani sta stretta.
A cominciare dall'Italia.




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