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15 gennaio 2021

Messaggerie:Whatsapp,Telegram e Signal

Per concludere la ruspante sintesi sugli strumenti di comunicazione cosiddetti "social", arrivo alla messaggeria che è quella quotidianamente più usata.

Numerosi sono gli strumenti inventati praticamente da ogni azienda, a cominciare dall'ormai storico sms che credo sia abilitato senza alcuna richiesta in tutti i telefoni cellulari, ma che ormai in tanti non utilizzano più "perchè costa" e rimane spesso al di fuori dei piani tariffari delle compagnie telefoniche.

Ma lo sviluppo delle messaggerie è seguito essenzialmente all'utilizzo di whatsapp che, gratuitamente, consente di scambiarsi messaggi, immagini e riunirsi in gruppi.

Whatsapp è di questi tempi nelle pagine dei giornali per due ordini di motivi.

Il primo è l'annuncio che non verrà più supportato nelle versioni più vecchie dei sistemi operativi dei telefoni.

Non ho trovato l'indicazione precisa di cosa si intenda per "vecchio", quindi non possiamo che aspettare e vedere.

La seconda è il fastidioso messaggio che appare per chiederci di accettare le nuove condizioni di servizio, nelle quali qualcuno avrebbe ravvisato una violazione della privacy e, in concomitanza con la censura operata da Twitter e da Facebook (cui fa capo Whatsapp) anche l'inizio di un controllo sulle opinioni che vengono espresse.

Su quest'ultimo punto c'è, infatti, una precisa condizione di servizio in base alla quale "L'utente s'impegna a non utilizzare (o assistere terzi nell'utilizzare) i nostri Servizi in modi che: (a) violino, si approprino in modo indebito o non rispettino i diritti di WhatsApp, dei nostri utenti o di terzi, ivi compresi la privacy, la "publicity" (diritti della personalità), la proprietà intellettuale o altri diritti di privativa industriale; (b) risultino illegali, osceni, diffamatori, minacciosi, intimidatori, fastidiosi, minatori, offensivi nei confronti di una razza o di un'etnia oppure promuovano o incoraggino comportamenti illegali o altrimenti inappropriati, come la promozione di crimini violenti, il mettere in pericolo o sfruttare minori o altri o la coordinazione di atti lesivi; (c) implichino la pubblicazione di contenuti falsi o ingannevoli o di affermazioni fuorvianti; (d) sfruttino l'identità di un'altra persona; (e) implichino l'invio di comunicazioni illegali o non consentite come messaggi in massa, messaggi automatici, chiamate da sistemi automatici o simili; (f) implichino l'utilizzo non personale dei nostri Servizi, fatto salvo quanto espressamente previsto da noi.".

E' il classico sbrodolamento che può essere tirato da qualsiasi parte a seconda delle proprie opinioni e di quello che si vuole ottenere.

Per me, ad esempio, sono offensivi nei confronti degli Italiani gli sproloqui della Boldrini e di Bergoglio sugli immigrati, per altri questa mia stessa frase è sicuramente razzista e da censurare.

Quindi accettare quella condizione non implica assolutamente alcun limite alla nostra espressione perchè quello che scriviamo responsabilmente, è oggettivamente la manifestazione lecita di una opinione e nessuna opinione può essere considerata un reato.

Senza considerare, poi, che le conversazioni sono per lo più private a due interlocutori, salvo nei gruppi che comunque sono privati e dovrebbe esserci il solito spione che, non avendo argomenti per ribattere la nostra opinione da lui non gradita, sa solo fare l'Efialte di turno e denunciare alla casa madre quel particolare messaggio.

Ma gli spioni, dopo una delazione si sono già bruciati ogni affidabilità nei confronti degli altri interlocutori e quando ne scopri l'identità, sai come trattarli e diventano innocui.

Più grave invece è la questione della privacy, sulla quale, nonostante le precisazioni della stessa whatsapp, non c'è piena certezza.

La commistione e scambio di dati che autorizziamo con Facebook e Instagram può comportare un maggior controllo sulle nostre attività e sulle nostre opinioni.

Probabilmente i primi a doversene preoccupare sono quelli che hanno anche un account in Facebook e Instagram, meno, direi, chi quegli account non ha.

Ad ogni buon conto ci sono strumenti alternativi a Whatsapp che forniscono le medesime prestazioni, forse anche migliori, senza chiedere "giuramenti di sangue" e senza essere troppo invadenti.

Ho scaricato nei giorni scorsi Telegram e Signal con grandissima facilità e il loro utilizzo è estremamente intuitivo anche per uno come me che, sicuramente, non è un "nativo digitale".

Telegram ha anche un aspetto molto più gradevole di Whatsapp, mentre Signal mi sembra il più veloce.

Ho avuto anche la gradevole sorpresa di vedere già presenti alcuni conoscenti ed amici ed altri, in appena tre giorni, si sono aggiunti con tanto di notifica (sia in Telegram che in Signal) di accesso.

In pratica, quando un nominativo presente nella nostra rubrica telefonica scarica Telegram o Signal, arriva una notifica.

Da quello che ho letto, sia Telegram che Signal, a differenza di Whatsapp, non conservano nei loro server le conversazioni, che restano quindi solo sul nostro telefono e, quindi, dovrebbero in teoria essere più garantite nella loro riservatezza.

Dopo aver attivato Telegram e Signal sono pronto al loro utilizzo nel caso Whatsapp, per un qualche motivo, mi venga disabilitato.

Attenderò i primi di febbraio prima di accettare le nuove condizioni di servizio di Whatsapp (magari, vista la polemica innescata, ci saranno novità) ma non credo che mi comporterà limitazioni o modifiche al mio abituale utilizzo.

A conclusione direi che, nel mare magnum dei social, si abbia la possibilità di scegliere le alternative, anche se la posizione dominante dei social "storici" come Whatsapp, rende meno facile il passaggio ad altri prodotti abbandonando quelli in uso.

Il meglio, come sempre, è tenere aperti tutti i forni dai quali rifornirsi in base alle necessità e convenienze del momento.

1 commento:

Nessie ha detto...

...e alla fine WhatsApp dopo aver visto i transfughi su Telegram e Signal, ha ceduto ed è tornata a più miti consigli


https://www.ilgiornale.it/news/tecnologia/whatsapp-cede-posticipate-nuove-regole-1916894.html