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28 maggio 2024

Le complicate alchimie dell'unione europea

L'8 e il 9 giugno si voterà per l'elezione del parlamento europeo.

Un organismo che non esercita le funzioni di un normale parlamento, ma ne è depotenziato da un complesso meccanismo burocratico che ci dice come, sin dall'inizio, l'europa comune sia solo una struttura messa in piedi a tavolino, con solo burocrazia e senza anima.

Il parlamento, infatti, detiene solo una parte dei poteri di indirizzo, può non votare la fiducia ai commissari scelti dai governi, può proporre direttive, può sollevare polveroni, ma non decide.

Fortunatamente le decisioni finali restano nelle mani dei governi nazionali, almeno finchè non verrà nocivamente superato il principio dell'unanimità, come sostenuto, tanto per cambiare, dai cattocomunisti a cominciare da Mattarella e Prodi.

Se vogliamo semplificare (ma è più complesso) il parlamento europeo ha in mano un terzo delle azioni dell'unione, con gli altri due terzi in mano alla commissione e al consiglio formato dai capi di stato o di governo.

Ma è quest'ultimo organismo che ha la parola definitiva: se non approva, anche se gli altri due terzi sono concordi, non se ne fa nulla.

Il parlamento ha prevalentemente una funzione demolitrice delle proposte altrui, come accadde una ventina di anni fa, quando il Governo Berlusconi propose Buttiglione commissario e il parlamento lo bocciò.

Così i numeri che usciranno per il prossimo parlamento europeo saranno importanti per impedire la nomina di estremisti come Timmerman, ma anche di proseguire con provvedimenti autolesionisti come l'auto verde, le case verdi, la politica muscolare contro la Russia, l'esproprio delle spiagge nazionali, le ridicole direttive sugli imballaggi e tante altre amenità ideate da invasati sovranazionali che portano solo danno a tutti noi.

Fino al 9 giugno è vietata la pubblicazione dei sondaggi, da sempre stiracchiati a seconda delle convenienze, solo per dimostrare le proprie tesi preconcette e l'esito delle urne può essere, come spesso accade, sorprendente.

Al momento si dice che non c'è una maggioranza che non sia la ripetizione della cosiddetta maggioranza Ursula che vide assieme un assembramento contro natura composto da comunisti, verdi, liberali, socialisti, popolari e grillini.

Allora la Von der Leyen, con tale maggioranza, superò per una manciata di voti la conferma parlamentare, con i voti grillini determinanti per la nascita dell'attuale, disastrosa commissione.

Si dice che la Destra, che si ripartisce tra Ecr, i Conservatori della Meloni e Id, cui aderisce la Lega di Salvini, sia in crescita ma le proiezioni la darebbero, sommando i seggi, solo seconda dietro ai popolari di Forza Italia.

Come è capitato in molte altre occasioni, sono i popolari, una volta chiamati democristiani, ad essere l'ago della bilancia.

E' singolare parlare di ago della bilancia per il partito che sarebbe quello di maggioranza relativa, ma è esattamente quello che accade, perchè i popolari possono decidere se rivolgersi, come diceva Andreotti, al forno socialcomunista, oppure a quello della Destra.

In ambedue i casi, però, non sembrerebbe esistere una maggioranza senza l'accorpamento di almeno un'altra forza o di una serie di liste minori tra quelle dei non iscritti ad alcun gruppo principale.

Ma anche tra i popolari, come sempre tra i democristiani, non c'è una visione univoca, perchè abbiamo persone sicuramente di Centro Destra come Tajani e Mitzotakis, ma anche altri pendenti sin troppo a sinistra come il tedesco Weber.

Insomma un guazzabuglio utile solo a consentire ai governi nazionali di continuare ad essere l'ultima, decisiva istanza per ogni decisione.

Ma un guazzabuglio che dice come, chiamati alle urne, la scelta migliore sia quella di votare per un partito che, coerentemente, respinge ogni idea di alleanza innaturali con la sinistra (di qualunque estrazione), evitando di rafforzare un partito ambiguo e infido come quello popolare.

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