Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

Web blacknights1.blogspot.com
penadimorte.blogspot.com svulazen.blogspot.com
Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

20 febbraio 2024

Ilva e Stellantis: non a spese nostre

La vicenda dell'Ilva si avvia ad un nuovo ribaltone con la nomina di uno o più commissari per la gestione in amministrazione straordinaria, in netta contrapposizione con la maggioranza della proprietà che avrebbe voluto un concordato.

In parallelo la Stellantis ha messo il silenziatore alle aggressioni al Governo, lasciate alle punte delle penne dei giornalisti della Casa, per cercare di guadagnare il massimo dal condizionamento che il Governo subisce in relazione al mantenimento dell'occupazione.

Occupazione che anche per l'Ilva è la preoccupazione maggiore, a prescindere dai conti dell'azienda e che lo fu anche per l'Alitalia.

Mi domando però se ingessando ancora di più il mercato del lavoro con incentivi, agevolazioni, ammortizzatori sociali o, peggio ancora, con l'ingresso dello stato in aziende in perdita, si possa garantire, come pretenderebbe la Trimurti, una occupazione stabile e duratura o se,  invece,  non si tapperebbe un buco, lasciando, come è stato fatto in passato, a chi verrà dopo un anno, due o cinque, l'onere di tappare un buco ancora più grande.

La Thatcher, come cito spesso, diceva che per avere molti nuovi ricchi, occorrevano anche molti fallimenti.

Intendeva dire che il fallimento delle aziende decotte era un presupposto necessario per aprire varchi, opportunità e risorse a nuove iniziative che avrebbero quindi dato una spinta a nuovi imprenditori con il corollario di nuovi posti di lavoro.

E' uno dei principi cardine di una economia liberale, dove prospera chi produce, chi guadagna e chiude chi è in perdita, consentendo a nuove iniziative imprenditoriali di riassorbire quella mano d'opera che veniva lasciata libera dai fallimenti.

Ma questo presuppone che ci siano attori consapevoli della necessità di una idea imprenditoriale e di una mentalità industriale che non sia basata sull'assistenzialismo dello stato che, anzi, dovrebbe limitarsi a dettare e applicare regole nell'interesse nazionale, non a partecipare alla competizione economica utilizzando i soldi di tutti per spicchi di attività.

Maurizio Belpietro, in un editoriale di alcuni giorni fa, aveva ribadito la tesi che personalmente affermo da anni: la Fiat, ora Stellantis, con tutti gli interventi pubblici di cui ha beneficiato, dovrebbe appartenere agli Italiani.

Belpietro si limitava paraltro a dire che gli Agnelli dovrebbero rimborsarci con l'Alfa Romeo.

Io direi che visto che ha spostato la sede, legale e fiscale, della Stellantis all'estero mentre il cuore della Ferrari è a Maranello, Italia, dovrebbero esserci consegnati, chiavi in mano, anche marchio e stabilimenti italiani della Ferrari, realizzando quella idea che fu di Berlusconi di un marchio, conosciuto e famoso, come Ferrari, che non si limiti ad auto da corsa e di lusso, ma abbia una intera gamma di prodotti.

Tutti italiani.

Non da far gestire allo stato, ma da immettere sul Mercato, a prezzi di mercato, consentendo un ricavato che abbatterebbe, con un bel colpo, una parte del debito pubblico e creando una attività che potrebbe assorbire le maestranze di una Stellantis in fuga dall'Italia.

Capisco che sia più facile, soprattutto per la Trimurti sindacale, sbraitare chiedendo in continuazione esosi finanziamenti statali, aumentando il debito pubblico, per potersi godere la momentanea gratificazione del "salvataggio" dei posti di lavoro, salvo poi ritornare a chiedere altri soldi pubblici dopo qualche mese quando la dura realtà dei conti economici non lascia scampo ad una attività in perdita.

E capisco anche la difficoltà di governare quando si deve affrontare ogni giorno un problema, al quale viene sempre, da tutte le parti ed in ogni circostanza, fornita la soluzione fondata su un esborso di denaro pubblico.

Ma se non si cominceranno a dire dei no, dei no ragionati e mirati, soprattutto ad accollare allo stato, cioè a tutti noi, finanziamenti e debiti altrui, non cambieremo mai registro e saremo condannati ad inseguire perennemente la ricerca di un capitolo di spesa da chiudere o spostare per finanziare questo o quel buco che si apre e che deve essere tappato per "esigenze sociali".

Nessun commento: