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No alla deriva

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20 giugno 2022

Che la Francia sia solo l'inizio

Le elezioni legislative (politiche) in Francia hanno portato ad un risultato che rappresenta una piccola scossa al potere delle consorterie finanziarie e affaristiche dominanti.

La coalizione presidenziale di Macron non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, mentre la principale opposizione è la coalizione arcobaleno della sinistra di Melanchon.

Buona terza la Destra di Marine Le Pen che, come è già accaduto in Italia, supera i moderati di Centro Destra, che in Francia si chiamano "Repubblicani", tristi epigoni dei gaullisti.

Non è lo tsunami che alcuni evocano, nè un terremoto epocale, nulla a che vedere con la presa della Bastiglia citata da qualche commento in Twitter, ma è un segnale di insofferenza del Popolo verso la classe dominante che chiede sempre, a noi, di fare sacrifici, una volta per il debito pubblico, un'altra per il virus cinese e poi per una guerra che non ci riguarda in Ucraina.

Probabile che Macron andrà a razzolare tra i parlamentari altrui come già fece cinque anni fa e probabile che trovi un numero sufficiente di interessati che, spacciandolo per responsabile servizio alla patria, si prestino a concedergli la fiducia rompendo con il gruppo nel quale sono stati eletti.

Il mondo è pieno di Fini e Di Maio.

E anche nel secondo turno, a votare sono andati meno della metà dei francesi, altro segnale di insofferenza, questa volta verso un intero sistema, quello democratico, che sta mostrando i suoi limiti e tutta la sua veneranda età.

Il prossimo anno toccherà all'Italia e possiamo auspicare che, dopo aver tanto scimmiottato la Francia (e non solo) nelle peggiori manifestazioni, adesso si possa anche mutuare qualcosa di buono: votare la Destra non è più tabù.

Ma, soprattutto, anche se la marcia è molto lunga, costellata di inciampi e di errori, la coerenza di fondo consente di salire alla vetta, pur senza comode scorciatoie.

Marine Le Pen è riuscita infatti a decuplicare i suoi parlamentari (da 8 a 89) senza ricorrere ad apparentamenti nè costituire fragili coalizioni.

A ben vedere, infatti, il partito erede del Fronte Nazionale è il primo partito di Francia, essendo delle coalizioni quelle di Macron e Melanchon.

Infatti, da due elezioni, al ballottaggio presidenziale arriva la Le Pen, non altri e i voti sono sempre in aumento.

E' una lezione soprattutto per Salvini che, dopo la geniale intuizione del governo gialloverde che gli ha consentito di farsi un nome come ministro degli Interni e di far intravedere la possibilità di cambiare la politica italiana, ha inanellato una serie di topiche, fino ad entrare in un governo con i cattocomunisti e presieduto da un burocrate affiliato all'Unione del Male.

E può anche essere di conforto alla Meloni che ha avuto l'intelligenza di smarcarsi da Draghi e di raccogliere così il consenso che Salvini ha perso.

E' evidente che la strada da percorrere è ancora tanta, avendo contro tutto l'apparato di potere burocratico, sindacale, finanziario e affaristico, così come dobbiamo ricordarci che, in politica, lo sconfitto di oggi, può essere il vincente di domani, perchè in politica nulla è mai definitivo.

Però dalla Francia ci arriva una iniezione di ottimismo: ce la possiamo fare.

Certo dobbiamo anche metterci del nostro (audaces, fortuna iuvat) evitare eccessivi frazionamenti di natura purista e cedimenti per qualche poltrona ministeriale.

Non ha neppure importanza che si sia sempre sulle barricate su tutto.

Ma rendersi conto che il nostro nemico non è il vicino che, su una particolare questione, la pensa diversamente da noi, ma chi agisce sempre e comunque contro il nostro interesse, per renderci sudditi sotto una cappa internazionalista, cercando di imporci teorie suicide come quella gender o quella dell'accoglienza, con l'unico scopo di sottometterci e trasformarci in sudditi.


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