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No alla deriva

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02 giugno 2023

Oggi l'ennesima solennità civile

Credo che l'Italia sia l'unica Nazione in cui le solennità civili abbiano numerose date di celebrazione.

Alcune sono festive a tutti gli effetti, altre sono declassate a ricorrenze in giorno lavorativo, ma con annesso il pistolotto di Mattarella.

Abbiamo così il 7 gennaio (Tricolore), il 21 marzo (Unità), il 4 novembre (Vittoria nella Grande Guerra, poi pudicamente declassata a Festa delle Forze Armate e infine escluso dall'essere giorno festivo) tra i giorni lavorativi e, quindi, il 25 aprile (fine della seconda guerra mondiale che i comunisti, nonostante fummo costretti a firmare un oneroso trattato di pace - con rinuncia a territori Italiani come Istria e Fiume ed avendo rischiato di perdere anche Trieste - e occupati dalle truppe angloamericane, sono riusciti a trasformare in "liberazione") e il 2 giugno (repubblica) tuttora giornate festive.

Ci sono altre giornate che ricordano un momento importante nella Storia Patria come il 24 maggio (ingresso nella Grande Guerra) che non credo sia mai stato festivo, ma celebrato anche in una celeberrima canzone (La Leggenda del Piave) e il 28 ottobre (Marcia su Roma) festivo durante il Ventennio ed ora dimenticato e messo all'indice (i comunisti, se potessero, passerebbero direttamente dal 27 al 29 ottobre, come gli americani cancellano il tredicesimo piano dai palazzi passando dal dodicesimo al quattordicesimo).

Sono tutte ricorrenze divisive.

A parte l'evidente divisività del 25 aprile e del 28 ottobre, il 7 gennaio, esaltando il Tricolore, non può certo essere gradita agli unionisti che vorrebbero invece anteporre la loro bandiera blu con le stelline gialle al nostro Tricolore.

Il 21 marzo è data invisa ai neoborbonici ed a molti meridionalisti perchè la vedono come la fine della loro indipendenza oppressa dalle baionette piemontesi, dopo l'occupazione garibaldina.

Il 24 maggio  e il 4 novembre sono invise ai pacifisti ed a molti socialcomunisti che hanno un retaggio neutralista, per il loro esplicito richiamo alla Vittoria bellica, tutta Italiana, nella Grande Guerra.

Il 2 giugno, con ogni evidenza, a chiunque sia di orientamento monarchico o che non riconosca (e sfido qualunque militante ed elettore del Centro Destra a farlo, al di là di un esercizio retorico di diplomazia istituzionale) a Mattarella (ed ai suoi predecessori Napolitano, Ciampi, Scalfaro e Pertini) un autentico ruolo super partes che possa incarnare l'Unità della Nazione.

La mancanza di una ricorrenza condivisa che celebri l'Unità della Nazione, come è il 4 luglio negli Stati Uniti, è uno dei tanti vulnus della nostra società, soprattutto oggi che la propaganda unionista spinge a spogliarsi della propria Identità Nazionale, per aggregarsi ad un blob che non è nè carne, nè pesce, all'interno di quell'accrocchio arcobaleno che è l'Unione del Male.

Non ho una ricetta, perchè, come abbiamo visto, qualsiasi giorno ha le sue controindicazioni divisive.

Fu un errore dei costituenti che non vollero o seppero donare alla Nazione una unica data, che fosse festiva, che fosse individuata nel passato remoto e non in quello troppo vicino e contrastato, per celebrare la Nazione Italiana.

Un errore che, temo, continueremo a pagare rinfocolando, periodicamente, divisioni nocive per la nostra Patria, soprattutto se riferite a situazioni ormai storicizzate, sempre più lontane negli anni, ormai senza più i diretti protagonisti dell'epoca e che andrebbero consegnate agli studi degli storici.

Come forse andrebbe consegnata agli archivi l'intera costituzione del 1948, per istituire una nuova Assemblea Costituente, eletta con criterio proporzionale, che scriva un testo più adeguato ai tempi che viviamo e più flessibile, perchè possa adattarsi anche ai futuri cambiamenti.


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