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01 settembre 2024

L'inganno pensionistico

Per accreditare la favola della necessità di prolungare la vita lavorativa, linea Monti-Fornero, vengono diffuse statistiche nelle quali si denuncia come, in alcune zone d'Italia e presto in tutta Italia, le pensioni erogate superino il numero degli stipendi.

Solo tra le righe si capisce che tale dato è dovuto alla perversa impostazione, per cui tra le "pensioni" erogate, si calcolano anche quelle minime e di invalidità che non hanno un sottostante derivante dai contributi versati.

Se, infatti, considerassimo solo le pensioni vere e proprie, cioè quelle che sono il frutto di decenni di contributi versati, non solo il loro numero è di gran lunga inferiore a quello degli stipendi erogati, ma comprenderemmo come l'attuale sistema pensionistico sia ampiamente sostenibile per l'oggi e per il domani.

Una tale situazione di sostenibilità è stata consolidata nel momento in cui si è passati, integralmente, al sistema contributivo, per cui la pensione è esattamente la risultante dei contributi versati.

Il problema è che quelle erogazioni di carattere assistenzialista (pensioni minime e di invalidità che non hanno un sottostante pregresso fatto di corrispondenti contributi) vengono messi in carico all'Inps sottraendo risorse derivanti dai contributi versati dai lavoratori passati, presenti e futuri.

Tale onere viene giustificato in base ad un principio solidaristico con il quale uno stato aiuta i propri cittadini che si trovino in difficoltà.

Ma questo può andare bene per chi, per nascita o eventi, si trova nelle condizioni di non poter svolgere in tutto o in parte, un lavoro che gli consenta di accumulare adeguati contributi versati, naturalmente sul presupposto che si tratti di invalidi reali e non fittizi.

Un po' più difficile motivare l'erogazione delle minime senza sottostante, che presuppongono che il soggetto, che non è invalido perchè diversamente otterrebbe la specifica pensione di cui sopra, non abbia mai versato o abbia versato in numero insufficiente i contributi necessari a maturare la pensione.

Ma perchè non li ha versati ?

Perchè non ha lavorato e, allora, sorge la domanda: come si è mantenuto ?

Quale contributo ha portato alla nostra società ?

L'alternativa è perchè ha lavorato percependo importi in "nero", ma allora la domanda è perchè la collettività dovrebbe farsi carico di mantenerlo con una pensione minima quando lui non ha scientemente voluto contribuire alla solidarietà economica della Nazione ?

Allora sarebbe meglio se questi due tipi di pensioni, che alterano il rapporto con gli stipendi erogati, venissero sottratti all'Inps, per essere posti a carico del bilancio dello stato, trovando le necessarie coperture eventualmente riordinando le detrazioni in poche e mirate, sforbiciando quindi la selva di detrazioni attuali, ma soprattutto tagliando le spese inutili, come quelle per finanziare giornali, film, televisione, accoglienza dei clandestini (chiediamo che siano Bergoglio e Zuppi a provvedervi, visto che hanno scagliato la fatwa contro i respingimenti !), sfruttando il patrimonio artistico, culturale, ma anche quello immobiliare da porre sul mercato, anche per le locazioni a enti e associazioni, al valore di Mercato, non a prezzi politici.

Ed ecco che, da un lato, lo stato potrebbe fare assistenza ai suoi cittadini svantaggiati (quelli veri, non quelli fasulli !), ma dall'altro non accrediterebbe la favola della insostenibilità delle pensioni.

Perchè chi è in pensione o chi ci andrà nei prossimi anni dopo una intera vita di lavoro, non deve ringraziare nessuno per quello che andrà a percepire, perchè sarà esattamente quello gli è dovuto per i contributi che lui stesso ha accantonato, frutto del suo stesso lavoro, non di regalie dello stato.

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