Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 settembre 2010

Berlusconi perde quando ascolta le colombe

Ieri si è celebrato il compleanno del Premier.
Compleanno accompagnato dall’affetto di mezza Italia (poco più) e dall’odio dell’altra metà (poco meno).
Compleanno sicuramente amareggiato dal voto (inutile) di fiducia alla camera su un discorso di carattere generale.
Un voto che ha reso evidente come il voltafaccia sostanziale di una quarantina di deputati pur eletti nella sua maggioranza e grazie alla sua campagna elettorale abbia ribaltato la volontà popolare che nel 2008 disse: Berlusconi al comando per cinque anni.
Berlusconi ha così alimentato il motore di chi lo odia e che adesso avrà ben sei mesi per preparare l'ordalia elettorale.
Quando Berlusconi ascolta le colombe, sbaglia e perde.
Berlusconi non doveva presentarsi in parlamento su un discorso “alto e nobile”, bensì su un disegno di legge severo e al limite della provocazione (ad esempio una rigorosa riforma della giustizia contenente anche il divieto alle intercettazioni) e su quello chiedere la fiducia.
Adesso, invece, sarà tutto in salita perchè sarà un continuo distinguersi e puntualizzare e correggere.
Cioè Berlusconi non potrà governare e sarà prigioniero del ricatto di chi, pur eletto con lui e grazie a lui, oggi ha interesse ad ostacolarlo.
Ieri Berlusconi ha compiuto 74 anni, sicuramente può avere davanti almeno altri sei anni di piena attività politica, quindi un’altra legislatura da Premier potrà farla.
Ma bisogna votare hic et nunc, a fine novembre al più tardi, prima che il nemico si organizzi con un candidato credibile (presumibilmente estraneo alla politica).
Berlusconi può ancora farcela.
Accantoni Letta
e presenti in fretta in parlamento le leggi più controverse e su quelle metta la fiducia.
Oppure approfitti del voto di sfiducia chiesto contro Bossi per mettere in gioco l'intero governo e andare alle elezioni o vedere i conigli votare a favore suo e del leader leghista (a proposito: caro Bossi, non ci si scusa mai. A maggior ragione su una battuta che facevamo sin dalle elementari) pur di non rinunciare al seggio.
Non si rinunci, poi, ad incalzare i finioti denunciandone il cambio di bandiera, a cominciare dal ribaltone siciliano.
Quei deputi devono vergognarsi di non aver presentato le dimissioni e restituito il mandato a chi ha consentito loro di entrare in parlamento.
Ma Berlusconi deve, prima di tutto, mettere in congelatore le colombe e liberare i falchi, recependo anche il messaggio che in tutte le nazioni europee viene dai successi dei partiti di estrema destra antimmigrazione, antitasse e antislamici, per parlare, come può e sa meglio e più credibilmente di chiunque altro, al cuore e alla pancia degli Italiani.
Diversamente è destinato a chiudere la sua carriera politica con una sconfitta.

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28 settembre 2010

Elogio del “padrone”

I sermoni di Montezemolo e la defenestrazione di Alessandro Profumo dal vertice di Unicredit, mi offrono lo spunto per una riflessione su chi, oggi, dirige l’orchestra nelle aziende italiane.
Nei primi anni del mio ingresso nel mondo del lavoro, c’erano una infinità di aziende statali, tali perchè la sbornia del sessantotto e dell'autunno caldo del sessantanove aveva obbligato lo stato ad accollarsi tutti i carri rotti ed a coprire, con i soldi di tutti, un assistenzialismo fine a se stesso che, con il senno di poi, abbiamo scoperto improduttivo e nocivo.
Le aziende statali che producevano (e non sempre in utile !) erano solo quelle che operavano in regime di monopolio o protette da legislazioni nazionali che le tutelavano dalla concorrenza straniera.
Le aziende private erano poche e piccole, ma guadagnavano a differenza dei carrozzoni pubblici che erano una fabbrica di debiti e di inefficienza, tranne le banche dove il margine era talmente ampio da poter guadagnare nonostante la gestione pubblica.
C’erano ancora i “padroni”.
Imprenditori, banchieri, proprietari delle aziende che non facevano finanza, non avevano master della Bocconi o del MIT, ma avevano un interesse personale all’utile aziendale.
Se l’azienda produceva e guadagnava anche loro guadagnavano.
Se perdeva, loro perdevano denaro proprio.
Certo, c’era anche chi, nascondendosi dietro la formula della società di capitali, non iniettava nuovi capitali e lasciava perdere quello investito, ma comunque era denaro loro che andava in fumo.
Poi i “padroni” sono venuti meno, sostituiti dai “manager”.
Signori vestiti all’ultima moda o con il vezzo snob di distinguersi sbattendo in faccia al prossimo abbigliamenti eccentrici anche in occasioni formali, con la nomea di “progressisti”, in prima fila a votare, in tempi recenti, alle “primarie” del pci/pds/ds/pd , sempre comunque dalla parte del candidato (eletto ancor prima del voto) dell’apparato (si chiamasse Prodi, Veltroni o Bersani non fa differenza alcuna), pronti a pontificare sui massimi sistemi e ad esporre teorie sociali ed ambientaliste eteree e soavemente paradisiache.
Con l’acquisita compiacenza della sinistra quei signori hanno potuto abbattere i costi del lavoro (poi qualcuno si chiede perchè gli stipendi italiani sono inferiori a quelli delle altre grandi nazioni europee ...) con un occhio agli utili con i quali devono accontentare una molteplicità di azionisti.
Così se 25 -30 anni fa una banca era considerata più che solida quando registrava un utile di 200 milioni (100mila euro) , oggi se l’utile scende da 3 miliardi di euro a 2 miliardi si analizzano le cause della “crisi”.
Questi “manager” hanno il massimo potere ma, come si è visto con Profumo, se commettono quel peccato che i greci antichi chiamavano “ubris”, vengono rimossi dalla mattina alla sera.
Naturalmente “cane non mangia cane” e la buonuscita è adeguata, tanto che possono permettersi di rinfrescare la loro immagine “de sinistra” con qualche elargizione benefica, naturalmente ampiamente pubblicizzata.
E il gioco ricomincia.
Il passaggio dal ”padrone” al”manager” coincide con il passaggio dalla economica fondata sulla produzione di beni reali, solidi, a quella fondata sui castelli di carte, sulle contabilizzazioni prive di sottostante, sulla finanza astratta.
Sicuramente è anche l’aspettativa delle persone che ha fatto fiorire tale stortura economica, con l’induzione a possedere beni sempre diversi e sempre nuovi, ma il vecchio e ormai scomparso “padrone”, magari un po’ “Fascista” nei modi, che, poco o tanto, dagli errori di conduzione ci rimetteva di tasca propria è sicuramente una figura più nobile del manager, obbligatoriamente “orientato a sinistra” che quando l’azienda cui è stato preposto non va come dovrebbe, non solo non ci rimette nulla, ma anzi ottiene ponti d’oro per andarsene.
Magari per poi entrare in politica ...

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27 settembre 2010

Mentre Montezemolo pontifica, la Lega realizza

Ricordate quando Berlusconiscese in campo” ?
Interviste, manifesti con il bambino e la scritta “Forza Italia” che suscitavano interesse, l’appoggio a Fini per Roma (un errore, con quel "senno di poi" che il presidente - speriamo ancora per poco - della camera ha usato per giustificarsi sulla vicenda monegasca), ma anche il tentativo di “lanciare” Segni che, stoltamente, rifiutò.
Insomma un ingresso in politica dal tono decisamente popolare, senza la presunzione di calare il verbo dall’alto, ma fondato su un messaggio chiaro e facilmente comprensibile: o così o i comunisti di Ochetto.
Quanto diverso è l’avvicinamento di Luca Cordero di Montezemolo (Lcdm) al suo ingresso in politica !
Sì, perchè Lcdm in politica entrerà, visto che i funzionari di partito più o meno sostenuti dai “poteri forti” hanno toppato, ultimo quel Fini che si è giocato 30 anni di attività politica non per un appartamento a Montecarlo, ma per aver cambiato bandiera per la quale combattere.
Lcdm ha costituito una fondazione che ha nella sua ragione sociale il “futuro”, come la generazione e il gruppo parlamentare finiota.
Ma non sappiamo come immagini quel futuro, perchè pronuncia le solite parole “politicamente corrette”, che rappresentano il vuoto, il nulla.
Dalla sua fondazione quindi pontifica sui massimi sistemi e, adesso, critica Bossi accusandolo di non aver cambiato nulla.
Ricordate Bossi e la Lega agli inizi, 1987 o giù di lì ?
Irrisi e ignorati, sono cresciuti perchè hanno saputo fare, interpretando il sentimento del Popolo.
Adesso il Federalismo riempie la bocca di tutti, come pure la battaglia contro le tasse e contro l’immigrazione.
Hanno saputo assorbire i temi più importanti della Destra in campo etico e politico.
Ma li hanno anche realizzati.
Se, oggi, la legittima difesa è più ampia, lo si deve alla modifica al codice penale (art. 52) apportata dal ministro leghista Castelli con legge del febbraio 2006.
Se oggi, dopo l’inversione di rotta della legge Bossi-Fini, si è arrivati al respingimento degli illegali è grazie alla battaglia della Lega.
Se oggi siamo alla vigilia dei decreti attuativi del federalismo fiscale, è grazie alla Lega.
Se oggi non ci sono “una tantum” o tasse aggiuntive che prelevano dalle nostre tasche per elargire (senza frutti) alle più disparate e inutili consorterie, lo si deve alla Lega.
Se oggi si resiste ancora contro proposte di legge che vorrebbero liberalizzare la droga, sopprimere i malati terminali, elevare a dignità di legge i capricci degli omosessuali, lo si deve alla Lega.
Certo, non da sola, ma assieme a tutti quei partiti che sostengono Berlusconi che di questa coalizione rappresenta il simbolo.
Poi si dice: si può fare di più ?
Certo che si può fare di più, come sempre e come in ogni circostanza.
Ma quelle della Lega e del Centro Destra non sono parole gettate al vento, non sono vuoti sermoni cattedratici, sono fatti.
Lcdm può offrire altrettanto ?
A me risulta che possa offrire soltanto una immagine e che debba dimostrare ancora tutto.
Debba provare le sue capacità di realizzare e non solo di incamerare agevolazioni, incentivazioni, rottamazioni.
Debba provare le sue capacità di saper interpretare il sentimento del Popolo e, quindi, di poterne ottenere il consenso.
Per ora Montezemolo (come tutti i finanzieri e sottolineo “finanzieri”, perchè gli imprenditori veri sono di ben altra pasta e caratura) è solo una pagina patinata che si presenta al pubblico.
Che ci sia anche della sostanza sua propria, dei contenuti e non per luce (e potere) riflessa, deve ancora dimostrarlo.

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26 settembre 2010

Cinquanta domande alla politica

In questi giorni la politica offre il peggio.
Parlamentari eletti in una coalizione che cambiano bandiera e polemiche infinite su questioni che nulla hanno di ideale, ma solo di
immobiliare.
A tanto ci ha portato la politica della demonizzazione di Berlusconi che una sinistra incapace di vincere pulito, ha attuato assieme alle sue truppe togate.
Non essendoci alcun dubbio sulle mie idee in proposito, dopo oltre 1300 post pubblicati in più di cinque anni di esistenza di questo blog (che diventano quasi 1600 nei sette anni che ci separano dal settembre 2003 quando scrissi il primo post su un'altra piattaforma), vorrei parlare di Idee, di Principi, di Valori, di Progetti di società.
Così lancio, al vento, cinquanta domande (ovviamente non tutte allo stesso livello di rilevanza) che pongo genericamente alla politica, più specificatamente ai politici, in previsione di una nuova battaglia elettorale.
Sì. perchè credo che non siamo molto lontani dalle urne, vista l'inaffidabilità dei finioti e l'impossibilità di realizzare il programma elettorale per il loro voltafaccia.
Così, per meglio decidere chi votare non si può prescidendere dalle risposte sulle questioni che ci stanno a cuore, anche se, nel tempo, possono variare in base alle priorità, alle esperienze, alle contingenze del momento.
Sarebbe troppo pretendere risposte tutte perfettamente allineate alle proprie, ma è importante vedere cosa ci unisce e, quindi, sapere chi votare perchè possa rappresentare la maggior parte delle nostre idee.
Ma è anche interessante vedere, con le differenti risposte, quanto siamo distanti dagli "altri".


1) Libertà è: consentire la diffusione delle idee senza censure o sanzioni, indipendentemente dal loro contenuto, oppure è necessario imporre dei limiti a quello che si può dire e stampare e, in ultima analisi, anche a quello che si deve pensare e alle parole che si possono usare ?
2) La Civiltà Occidentale che affonda le sue radici nella Romanità e nella Cristianità, è quella che, più di ogni altra, in ogni epoca, ha diffuso ai propri cittadini la maggior libertà, benessere, sicurezza, dimostrandosi quindi una civiltà superiore ?
3) Il comunismo fu la più perversa e sanguinosa ideologia che abbia calpestato la nostra Terra ?
4) Il Colonialismo fu un volano di Civiltà ?
5) Stato assistenziale o stato solidale ?
6) E' giusto applicare il principio: prima di tutti gli Italiani ?
7) Favorevole o contrario al federalismo che implica la conservazione delle ricchezze là dove vengono prodotte con un trasferimento solo per le grandi attività dello stato (politica estera, Polizia, Forze Armate, giustizia) e per eventi catastrofici che chiamano alla solidarietà a termine (che non sia all'infinito), per aiutare a riprendersi e a ricostruire ?
8) Presidenzialismo o parlamentarismo ?
9) Proporzionale, maggioritario o proporzionale con premio di coalizione ?
10) Flat tax o tassazione progressiva ?
11) I redditi che produciamo e le rendite dei nostri risparmi, devono essere tassati per consentire al pubblico di disporre di ampie risorse o devono essere lasciati nelle tasche dei cittadini perchè ognuno possa disporne come meglio crede, per ciò che preferisce ?
12) I servizi devono essere offerti gratuitamente dal pubblico con carichi fiscali nei confronti di tutti, anche di chi non li utilizza, o devono essere pagati, almeno al loro costo, ma solo da chi ne usufuisce ?
13) Il mercato deve essere libero nell'ambito di un quadro generale di regole chiare e limitate, oppure deve essere controllato con "Authority", commissioni e ispezioni ?
14) La Rai (come le poste, le ferrovie...) deve essere privata o deve rimanere in mano pubblica ?
15) La stampa deve ricevere agevolazioni economiche pubbliche o deve mantenersi con i contributi dei sostenitori e le vendite al pubblico ?
16) La scuola deve essere selettiva, nozionistica e meritocratica oppure deve sfornare diplomi ?
17) L'università deve essere aperta a tutti o solo ai capaci e meritevoli ?
18) La giustizia deve essere fondata sui teoremi e l'interpetazione delle leggi oppure sulla mera applicazione delle leggi approvate dal parlamento ?
19) I giudici devono essere nominati per concorso pubblico o scelti tra giuristi e avvocati di esperienza e fama ?
20) I pubblici ministeri devono essere scelti per concorso pubblico e poter alternare l'attività inquirente con quella giudicante, oppure devono essere eletti dal Popolo ?
21) Le persone mentalmente alterate devono poter camminare liberamente in mezzo a noi ?
22) Le condanne vanno espiate fino all'ultimo giorno o dobbiamo continuare con il balletto degli sconti e delle amnistie ?
23) Favorevole o contrario alla pena di morte per crimini efferati ?
24) Un imputato, ma non ancora condannato con sentenza definitiva passata in giudicato, può subire limitazioni ai suoi diritti civili ?
25) E' giusto detenere un imputato in attesa di giudizio ?
26) E' giusto porre dei tempi certi ai processi ?
27) Noi cittadini possiamo essere spiati e ripresi oppure abbiamo diritto alla assoluta riservatezza nelle nostre comunicazioni e nella nostra intimità ?
28) Lo stato deve liberalizzare le droghe (anche solo le leggere) ?
29) Lo stato deve elevare a dignità di legge i capricci degli omosessuali ?
30) Lo stato deve consentire l'interruzione della gravidanza ?
31) Lo stato deve consentire la cessazione delle cure che tengono in vita un malato terminale ?
32) L'Italia può accogliere immigrati senza una preventiva selezione e contingentamento ?
33) Gli immigrati regolari devono poter prendere la nostra cittadinanza in poco tempo o devono attendere almeno dieci anni e provare di conoscere lingua, storia, costumi italiani ?
34) Gli immigrati regolari possono ottenere il diritto di voto prima della cittadinanza ?
35) Gli illegali, che vogliono entrare o che sono già entrati, devono essere riconosciuti o devono essere respinti o espulsi ?
36) I musulmani sono integrabili, senza rischi per la nostra sicurezza, nella nostra società ?
37) E' opportuno consentire la costruzione di moschee e minareti che diventerebbero luogo di incontro e riunioni tra musulmani ?
38) Dobbiamo rinunciare ai nostri costumi, alle nostre feste, ai nostri cibi, per "agevolare" l'integrazione degli stranieri o sono loro che devono accettare tempi, regole e usanze italiane ?
39) I cittadini liberi possono acquistare e detenere armi, salvo limiti/divieti per chi è stato condannato penalmente con sentenza passata in giudicato o chi è mentalmente alterato, oppure dobbiamo continuare ad avere il divieto come regola generale per tutti (tranne che per i delinquenti che si armano come e quando vogliono) ?
40) Favorevole o contrario a ridurre i lacci e lacciuoli burocratici per i cacciatori ?
41) La liberazione dell' Iraq è stata una scelta giusta o sbagliata ?
42) Sovranità nazionale o soviet europeo ?
43) Lira o euro ?
44) Onu o trattati multilaterali tra le nazioni ?
45) Londra o Dublino ?
46) Israele o palestinesi ?
47) Energia nucleare o case fredde d'inverno e calde d'estate ?
48) Si o no all'Alta Velocità ?
49) Giacca e cravatta o pinocchietti e infradito ?
50) La nostra Civiltà ha un futuro ?


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25 settembre 2010

Marcello Veneziani su Fini. Per tutti noi.

Oggi ne Il Giornale a pagina 5 con incipit in prima pagina, Marcello Veneziani ha impartito una nuova lezione di quella Idealità a sproposito ripetutamente citata da Gianfranco Fini.
Veneziani, da quel grande uomo di cultura che è, ha espresso, come meglio non si potrebbe, il sentimento che alberga in tanti, se non tutti, noi.
Eccezionalmente, quindi, riprendo il suo articolo dalla pagina online de
Il Giornale e lascio alle sue parole il commento su una vicenda che di politico non ha niente, ma conferma solo la miseria degli animi umani.




di Marcello Veneziani

Lo confesso: il mandante delle accuse a Fini sono io. Io e tutti quei ragazzi che hanno creduto nella destra, investendoci la vita. Noi, che possiamo comprendere i trasformismi, ma che non gli perdoneremo mai di aver svenduto i nostri sacrifici al "cognato"



Io so chi c’è dietro le carte che accusano Fini. So chi le ispira, conosco bene il mandante. Non c’entra affatto con Palazzo Chigi, i servizi segreti, il governo di Santa Lucia. È un ragazzo di quindici anni che si iscrisse alla Giovane Italia. Sognava un’Italia migliore, amava la tradizione quanto la ribellione, detestava l’arroganza dei contestatori almeno quanto la viltà dei moderati, e si sedette dalla parte del torto, per gusto aspro di libertà. Portava in piazza la bandiera tricolore, si emozionava per storie antiche e comizi infiammati, pensava che solo i maledetti potessero dire la verità.
Quel ragazzo insieme ad altri coetanei fondò una sezione e ogni mese facevano la colletta per pagare tredicimila lire di affitto, più le spese di luce, acqua e attività. Si tassavano dalla loro paghetta ma era solo un acconto, erano disposti a dare la vita. Il ragazzo aveva vinto una ricca borsa di studio di ben 150mila lire all’anno e decise di spenderla tutta per comprare alla sezione un torchio e così esercitare la sua passione politica e anche di stampa. Passò giorni interi da militante, a scrivere, a stampare e diffondere volantini. E con lui i suoi inseparabili camerati, Precco, Martimeo, il Canemorto, e altri. Scuola politica di pomeriggio, volantini di sera, manifesti di notte, rischi di botte e ogni tanto pellegrinaggi in cerca di purezza con tricolori e fazzoletti al collo. Erano migliaia i ragazzi come lui. Ce ne furono alcuni che persero la vita, una trentina mi pare, ma non vuol ricordare i loro nomi; lo infastidiva il richiamo ai loro nomi nei comizi per strappare l’applauso o, peggio, alle elezioni per strappare voti. Perciò non li cita. Sa solo che uno di quei ragazzi poteva essere lui.
È lui, il ragazzo di quindici anni, il vero mandante e ispiratore delle accuse a Fini. Non rivuole indietro i soldi che spese per il torchio, per mantenere la sezione, per comprare la colla. Furono ben spesi, ne va fiero. Non rivuole nemmeno gli anni perduti che nessuno del resto può restituirgli, le passioni bruciate di quel tempo. E nemmeno chiede che gli venga riconosciuto lo spreco di pensieri, energie, parole, opere e missioni che dedicò poi negli anni a quella «visione del mondo». Le idee furono buttate al vento ma è giusto così; è al vento che le idee si devono dare. Quell’etichetta gli restò addosso per tutta la vita, e gli costò non poco, ma seppe anche costruirvi sopra qualcosa. No, non chiede indietro giorni, giornali, libri, occasioni e tanto tanto altro ancora.
Però quel che non sopporta è pensare che qualcuno, dopo aver buttato a mare le sue idee e i loro testimoni, dopo aver gettato nel cesso quelle bandiere e quei sacrifici, dopo aver dimenticato facce, vite, morti, storie, culture e pensieri, possa usare quel che resta di un patrimonio di fede e passione per i porci comodi suoi e del suo clan famigliare. Capisce tutto, cambiare idee, adeguarsi al proprio tempo, abiurare, rinnegare, perfino tradire. Non giustifica, ma capisce; non rispetta, ma accetta. È la politica, bellezza. E figuratevi se pensa che dovesse restare inchiodato alla fiamma su cui pure ha campato per tanto tempo. Però quel che non gli va giù è vedere quelle paghette di ragazzi che alla politica dettero solo e non ebbero niente, quei soldi arrotolati di poveracci che li sottraevano alle loro famiglie e venivano a dirlo orgogliosi, quelle pietose collette tra gente umile e onesta, per tenere in vita sezioni, finire in quel modo. Gente che risparmiava sulla benzina della propria Seicento per dare due soldi al partito che col tempo finirono inghiottiti in una Ferrari. Gente che ha lasciato alla Buona Causa il suo appartamento. Gente che sperava di vedere un giorno trionfare l’Idea, come diceva con fede grottesca e verace. E invece, Montecarlo, i Caraibi, due, tre partiti sciolti nel nulla, gioventù dissolte nell’acido. È questo che il ragazzo non può perdonare.
Da Berlusconi il ragazzo non si aspettava nulla di eroico, e neanche da Bossi o da Casini. E nemmeno da Fini, tutto sommato. Capiva i tempi, i linguaggi e le esigenze mutate, le necessità della politica, il futuro... Poteva perfino trescare e finanziare la politica con schifose tangenti; ma giocare sulla pelle dei sogni, giocare sulla pelle dei poveri e dei ragazzini che per abitare i loro sogni si erano tolti i due soldi che avevano, no, non è accettabile.
Attingere da quel salvadanaio di emarginate speranze è vergognoso; come vergognoso è lasciare col culo per terra tanta gente capace e fedele nei secoli, che ha dato l’anima al suo partito ed era ancora in attesa di uno spazio per loro, per favorire con appaltoni rapidi e milionari il suddetto clan famigliare. Lui non crede che il senso della vita sia, come dice Bocchino in un’intervista, «Cibo, sesso e viaggi» (si è scordato dei soldi).
Il vero ispiratore e mandante dell’operazione è lui, quel ragazzo di quindici anni. Si chiama Marcello, ma potrebbe chiamarsi Pietrangelo o Marco. Non gl’interessa se Gianfrego debba dimettersi e andarsene all’estero, ai Caraibi o a Montecarlo, o continuare. Lo stufa questo interminabile grattaefini. È pronto a discutere le ragioni politiche, senza disprezzarle a priori. Sentiremo oggi le sue spiegazioni (ma perché un videomessaggio, non è mica Bin Laden). Però Fini non ha diritto di rubare i sogni di un ragazzo, di un vecchio, di un combattente. Non ha diritto di andarsi a svendere la loro dignità, i loro sacrifici, le loro idee. Non può sporcare quel motto di Pound che era il blasone di quei ragazzi; loro ci hanno rimesso davvero, lui ci ha guadagnato. Quel ragazzo ora chiede a Fini solo un piccolo sforzo, adattare lo slogan alla situazione reale e dire: se un uomo è disposto a svendere casa, o non vale niente la casa o non vale niente lui. E la casa valeva.


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24 settembre 2010

Trasformismo all’italiana

Complice una costituzione che dovrebbe essere archiviata al museo assistiamo a indecorosi spettacoli parlamentari, nella miglior tradizione trasformista italiana inaugurata con Depretis, con la possibilità di stracciare il voto popolare e trasferirsi impunemente e impudicamente in un gruppo diverso da quello in cui si è stato eletto o addirittura di fondarne uno nuovo.
Solo nella giornata di ieri abbiamo visto un deputato del Pdl cambiare bandiera e trasferirsi con Fini; un deputato subentrato ad uno dimissionario ed eletto nella lista Udc che si era però iscritto nel gruppo Pdl, controribaltarsi e tornare nell’Udc.
Infine una deputata eletta nel Pdl, ribaltatasi con Fini e controribaltatasi ora tornando nel Pdl.
Vediamo parlamentari eletti per grazia ricevuta, perchè mai ci sarebbero riusciti in proprio ma sono stati dei beneficiati nella riffa dei posti e dei voti, iscriversi a quella aberrazione che è il “gruppo misto”, costituire gruppettini, partitini, per poi contrattare il proprio voto con il loro benefattore.
Il vero scandalo del parlamento non è la remunerazione con i connessi privilegi, pensione, i benefit degli “eletti” (in duplice senso) , bensì l’atteggiamento di alcuni di loro che non si comportano, nei confronti di chi li ha eletti e di chi li ha candidati, con la coerenza e la lealtà che il ruolo pretende.
Non sei più d’accordo con il tuo leader ?
Dimettiti e lascia il posto a chi, invece, potrà garantire il rispetto delle proporzioni dei voti espressi dal Popolo.
Il rimanere aggrappati ad una poltrona a dispetto di ogni principio di lealtà è prima di tutto una offesa agli elettori che hanno votato quel partito, quella lista non certo perchè era presente quel candidato ma per una idea politica, per un programma e per una persona indicata come Premier, ma è anche un danno all’Italia perchè il governo, qualunque esso sia, è costretto a perdere tempo per trovare compromessi e voti quando il Popolo Sovrano aveva sancito, con estrema chiarezza, il tipo di (comoda) maggioranza che voleva.
Superano poi abbondantemente il ridicolo quelli che staccano il biglietto di andata e ritorno (e siamo appena a metà legislatura...), a dimostrazione che, incerti anche sulle loro scelte, non possono rappresentare i cittadini e meriterebbero solo di essere dichiarati decaduti.
Tra le tante riforme da fare ve ne sarebbe quindi una, semplicissima, che dichiari la decadenza immediata dei parlamentari che, eletti in una lista a sostegno di un premier, ne escano per cambiare bandiera.
In fondo non lo fanno mica per la poltrona, ma per una idea e se la loro idea cambia possono ben coerentemente sopportarne le conseguenze ... o non è così ?

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22 settembre 2010

I finioti gettano la maschera

Che non valesse la pena inseguire Fini e i suoi nelle fughe verso sinistra, lo avevamo compreso da tempo e faremmo un torto a Berlusconi ed ai suoi consiglieri se credessimo in un loro diverso pensare.
Ora però abbiamo la prova provata: il voto contro Cosentino, nell’accettazione del più becero giustizialismo e l’alleanza siciliana con i comunisti del pci/pds/ds/pd , Lombardo, i casiniani siculi.
Fini ha quindi definitivamente passato il Rubicone che delimita il Centro Destra dalla sinistra e si è appiattito sulle posizioni del pci/pds/ds/pd, se non peggio, forse anche con uno sguardo alle vicende monegasche per le quali ha probabilmente necessità di un ombrello protettivo per conservare la sua cadrega, indipendentemente dal fatto che configurino o meno elementi di reato.
A questo punto non ci resta che rilanciare il voto anticipato, perchè un governo non può e non deve essere ostaggio di promesse a singoli parlamentari.
Dobbiamo votare.
Dobbiamo votare presto.
Dobbiamo votare Lega
come partito perchè sa eleggere uomini più affidabili e propone temi di Destra (immigrazione, buon costume, giustizia, meno tasse, federalismo).
Dobbiamo votare Berlusconi come Premier perchè è l’unico Italiano che abbia soldi e carattere per non prestarsi a fare da spalla ai poteri forti o ad altri leaders nazionali.
Chiunque altro sarebbe talmente appagato dall’essere premier e talmente preoccupato di consolidarsi, da chinarsi a qualsiasi diktat straniero, soprattutto dei potentati finanziari.

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20 settembre 2010

Ma ha senso oggi “Roma capitale” ?

Il 20 settembre 1870 i bersaglieri occuparono Roma, entrando dalla breccia di Porta Pia.
Un episodio della storia patria che quelli della mia generazione conoscono bene e che portò a Roma la capitale del Regno d'Italia.
L'Italia unita compirà 150 anni nel 2011 e i parrucconi della retorica stanno già scaldando le ugole e le penne per le relative celebrazioni.
Oggi sono 140 anni che Roma fu unita al resto della nazione, sottraendola al potere temporale del papa.
In occasione di questa ricorrenza il consiglio dei ministri ha approvato il decreto su “Roma Capitale”.
In sostanza significa una iniezione massiccia di denaro e di poteri per Roma.
Ma se vengono destinate somme ingenti per Roma, da qualche parte dovranno essere reperite e sottratte e questo significa che qualcuno pagherà per benefici che andranno a qualcun altro.
E' il principio che, per 150 anni, ha improntato lo stato unitario e centralista.
Più assistenzialismo che solidarietà.
Perchè solidarietà significa aiutare il prossimo nel momento del bisogno e metterlo nelle condizioni di camminare da solo, non mantenerlo a spese altrui vita natural durante e generazione dopo generazione.
La nascita della Lega deriva proprio dalla reazione alle vessazioni fiscali sui cittadini del Nord, per beneficiare a pioggia e senza risultati il sud.
Ma anche la nomea di Roma come capitale idrovora e anche “ladrona” ha dato alla Lega materia di propaganda.
Poi, come noto, la Lega ha assorbito i temi propri della Destra (immigrazione, moralità dei costumi, tasse) tutti inquadrati in un federalismo che dovrebbe trasformare l'Italia da centralista e assistenzialista a federale e solidale.
I fondi che vengono destinati a “Roma capitale” e, quindi, pagati da altri, portano indietro le lancette dell'orologio, alla vecchia politica centralista che pesca a piene mani dove si produce per distribuire benefici a lobbies e clientele.
Lo stesso fiorire di partiti e movimenti del sud (l'Mpa di Lombardo, quello della Poli Bortone “Noi Sud”, il futuro partito siciliano di Miccichè, gli udc siciliani, ma anche il partito finiota che ha in Briguglio e Granata, siciliani e in Bocchino, napoletano, gli elementi “di spicco” - !?! - è partito del sud e non si capisce bene cosa ci stia a fare Roberto Menia in quel gruppo) sono tutti movimenti, piccoli o medi, che hanno richieste localiste da fare.
Lombardo è stato chiaro: voto a favore del governo se il governo fa qualcosa per la Sicilia.
E il “fare qualcosa”, significa iniettare denaro in una regione che ha già una delle spese sanitarie più alte e improduttive, il maggior numero di dipendenti pubblici e di cui si ricorda ancora un servizio postale pieno di postini assunti nel Nord e poi, grazie ai politici compiacenti, trasferiti a casa, lasciando vuoti di organico dove furono assunti e creando esuberi in Sicilia, con i conseguenti costi del personale e operativi.
Naturalmente se si distribuiscono soldi per “Roma capitale”, anche tutti gli altri sono legittimati a chiedere per ottenere.
Qualcuno pagherà e, questa volta, non dovrà essere il Nord.
Allora, era proprio così necessaria la legge per “Roma capitale” ?
O non sarebbe meglio spingere sul federalismo per far cessare l'assistenzialismo e trasformarci in una nazione federale e solidale, con ministeri e benefici equamente distribuiti sul territorio e con gli oneri pagati da chi, poi, beneficerà degli investimenti ?

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19 settembre 2010

La legge elettorale contro il caos

Veltroni si sveglia e porta il pci/pds/ds/pd sull'orlo della scissione.
Miccichè vede che ai finioti, tutto sommato, la cadrega non l'ha sfilata nessuno e, allora, si fa il suo partitino siculo.
Mezza Udc (quella che conta, che ha i voti) è stanca di Casini e rivendica il voto libero sulla fiducia al Governo e si prepara a costituire l'ennesimo movimento.
Il povero Berlusconi, che viene accusato di "compravendita" di parlamentari e tutti a seguire il capo branco -probabilmente acquattato tra le quinte a dirigere l'orchestra antiberlusconiana - in questa sciocchezza, ha ragione quando dice che non esiste compravendita, perchè tutti quelli che vengono contattati (Mpa, Liberaldemocratici, Repubblicani) furono eletti nella sua coalizione e furono eletti grazie alla sua campagna elettorale.
Nessuno che contesti con altrettanta acrimonia quando un parlamentare del Centro Destra passa al gruppo misto o all'opposizione, anzi, come nel caso di Guzzanti e Adornato ridiventano "presentabili", a dimostrazione che anche il concetto di "moralità" ha molteplici interpretazioni in base alla proprie convenienze.
Piuttosto mi è tornata in mente una usanza – che non so se viene ancora praticata – del Parlamento Inglese, per cui quando veniva a mancare un parlamentare della maggioranza, il capo dell'opposizione faceva allontanare un parlamentare del suo gruppo, perchè non fosse alterata la volontà popolare.
Ecco, se Bersani volesse fare veramente qualcosa di innovativo, dovrebbe dire: i finioti sono 35 ? Allora io faccio allontanare dall'aula 35 miei deputati ad ogni votazione.
Forse così si fermerebbero i salti della quaglia, rendendoli improduttivi e, quindi, privi di ricompensa.
Ma, tornando a bomba, avete notato quanti capi popolo che stanno emergendo ?
A loro confronto Mastella era, in uno, un dilettante (nei numeri) e un gigante (nella coerenza).
Ma proprio la fregola di formare nuovi partiti mi conferma la bontà di questa legge elettorale.
Io sono un maggioritario uninominale convinto.
Ma un maggioritario uninominale all'inglese: chi arriva primo, anche per un solo voto, prende tutto.
Sono però anche un Italiano, che in Italia è nato e vive e, tutto sommato, conosco abbastanza bene i miei connazionali da sapere che quando ci troviamo in tre, si costituiscono subito tre partiti e due complottano ai danni del terzo (a rotazione).
Essendo la stabilità ma, soprattutto, la possibilità che ci sia uno che comanda, un bene primario, l'attuale legge elettorale riesce a contemperare la duplice esigenza: individualismo spinto degli Italiani e forte maggioranza parlamentare.
Quindi va benissimo il premio per la coalizione vincente.
Va benissimo la mancanza delle preferenze che servono solo ad esercitare il controllo dei voti.
E' male il collegio regionale al senato preteso da Ciampi ed è male che non sia prevista una norma che faccia decadere i parlamentari che, eletti in una coalizione, votino contro le indicazioni del capo coalizione.
Veltroni, Fini, Miccichè, Lombardo, Casini, rappresentano la vecchia politica utile solo ad alimentare il vento del Nord più secessionista.



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Si può fare tutto anche la legge elettorale

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17 settembre 2010

Rieccolo il Valter, africano mancato

Pur nella ovattata cautela con la quale gli organi di stampa di proprietà e asserviti ai poteri forti trattano le vicende di una sinistra amica ed alleata, veniamo finalmente a conoscenza che se nel Pdl sono volati gli stracci con un Fini che ha ribaltato tutti i Valori e gli Ideali di una vita, cambiando, come giustamente ha detto La Russa, bandiera e abbandonando colonnelli ed esercito, nel pci/pds/ds/pd la faida interna non solo non è finita, ma sta riprendendo vigore con la evidente nostalgia della luce della ribalta da parte di Veltroni.
L’ex sindaco di Roma, l’ex vicepresidente di Prodi, l’ex due volte segretario del pci/pds/ds/pd che perdendo le elezioni nel 2001 e nel 2008 si è dimostrato il miglior capo comunista che l’Italia abbia mai avuto, non è mai partito, come promesso, per l’Africa e adesso non si accontenta più di scrivere insulsi libercoli non catalogabili e incensati solo da una compiacente stampa, ma vorrebbe indietro quella poltrona da leader che, evidentemente, gli manca tanto.
Sono convinto, però, che Veltroni non sia una minaccia per Bersani che, comunque, ha poco da ridere e, infatti, si presenta alle telecamere con la faccia sempre più funerea, ma che la sua iniziativa – che porterà anche il pci/pds/ds/pd a subire una scissione – sia ispirata dalle stesse fonti che hanno fornito altrettanta ispirazione a Fini.
Probabilmente chi aveva pensato che sarebbe stato sufficiente il valzer di Fini per abbattere Berlusconi, si è accorto di aver fatto male i suoi conti, così è obbligato ad imbarcare un altro passeggero sulla traballante arca del “terzo polo” centrista che, adesso, vede Casini, Fini, Rutelli, Veltroni e il convitato di pietra, Montezemolo.
Ma potrà questo terzo polo raccogliere sufficienti consensi ?
Ne dubito.
La sinistra da diciassette anni ha promosso una violenta campagna d’odio contro Berlusconi e il Centro Destra, imbarbarendo la politica ma ottenendo, come unico risultato, la radicalizzazione dello scontro politico, acuito anche dai nuovi strumenti di comunicazione (forum, blog, social network) che non lasciano spazio a riflessioni pacate, ma solo allo scontro al calor bianco tra le fazioni.
Dobbiamo quindi prendere atto che non esiste spazio per una proposta che sia “ma anche”, bensì solo per scelte radicalmente tra loro in opposizione e in conflitto.
Non tanto su una miriade di azioni che, nel mondo globalizzato, sono pressochè obbligate (come il mercato e la politica di contenimento dei costi del lavoro e delle politiche sociali) e comuni a tutte le Nazioni evolute, quanto su quegli aspetti che toccano sul vivo Sentimenti, Ideali e Valori che, comunque, nobilitano la politica e chi la segue.
Così il terzo polo centrista avrà difficoltà, con o senza Veltroni, a raccogliere adesioni se non prenderà posizione netta, o di qua o di là, su temi quali:
- immigrazione e rom (cittadinanza, voto, espulsioni, respingimento, burqua, usi e costumi)
- tasse
- federalismo
- eutanasia
- accoppiamenti omosessuali
- fecondazione assistita e manipolazione genetica
- giustizia.
Tanto per dirne alcuni, quelli sulla bocca di tutti e maggiormente motivanti e dubito che un terzo polo composto da esperti nel “ma anche” non solo assuma una posizione netta, ma possa sottrarre grandi consensi a chi, invece, quella posizione netta ha sostenuto coerentemente e da lungo tempo.
In sostanza: meglio Di Pietro e Grillo, nemici dichiarati di (quasi) tutto quel che ritengo sia giusto, che Veltroni e Casini (e soci) dei quali non è possibile conoscere i reali pensieri e intendimenti.
Tranne quello di occupare poltrone ben remunerate e di prestigio ...

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16 settembre 2010

Sarkò alla riscossa

Forse perchè impegnata nelle riprese del film con Allen, Carla Bruni è probabilmente più assente dalla vita di Sarkozy che sembra aver quindi ritrovato la perduta lucidità.
Il presidente francese, infatti, sta inanellando una serie di comportamenti finalmente “di Destra”.
Vediamo così che il parlamento transalpino ha approvato il necessario aumento della età pensionabile in barba alla demagogia populista dei sindacati e della sinistra (uguale in tutto il mondo) e la legge sul divieto del burka per ragioni di ordine pubblico, provvedimento che noi abbiamo, grazie alla tanto vituperata quanto provvidenziale legge Reale del 1975, ma solo limitatamente alle manifestazioni pubbliche (andrebbe realizzato un piccolo intervento legislativo per estendere ad ogni occasione il divieto a coprirsi il voto).
A questi provvedimenti, che già denotano un recupero di combattività di Sarkozy, si deve aggiungere la questione che in Francia è “dei rom” e che, più in generale, dobbiamo definire “dell’immigrazione”.
Così la Francia ha dato corso ad una serie di espulsioni dei rom (purtroppo – e questo è il solo fatto negativo – dietro pagamento di somme di denaro) che ha delineato il confine tra gli abatini del politicamente corretto che ci portano alla distruzione e chi, invece, combatte ritenendo che la nostra Civiltà abbia ancora molto da dire e da realizzare.
Tra i primi si annovera la commissaria dell’unione sovietica europea, una lussemburghese sulla quale non vale neppure fare lo sforzo di ricordarsi il nome, che ha criticato in toni aspri la politica francese, subendo la legittima, corretta ed opportuna replica di Sarkozy.
Una replica che, più volte, chi scrive e commenta in blog e forum ha espresso: chi ama tanto gli immigrati, se li prenda a casa sua.
Così Sarkozy ha invitato quella commissaria a prendersi a casa sua, in Lussemburgo, i rom che la Francia vuole espellere.
Inaspettatamente dalla parte dell’unione sovietica europea si è schierata la tedesca Merkel, dando così ragione a quanti, nella sua patria, la criticano per aver adottato una politica troppo di sinistra e cercano di dar vita ad un partito di Destra che svolga, in sostanza, il ruolo che è dei movimenti in crescita in Olanda, Belgio e in tutta Europa.
I tedeschi forse adesso devono sottostare al volere della Merkel che, con un simile andazzo, difficilmente sarà riconfermata, ma quando si sveglieranno saranno dolori ... come sempre.
Non mi ha, invece, sorpreso la presa di posizione di quello “giovane, bello (?) e abbronzato”.
Per la prima volta gli americani hanno infatti eletto (avventatamente) il rappresentante di una loro minoranza etnica, per la prima volta il loro presidente ha recentissime radici africane e non europee come quelle di tutti i predecessori e non può sorprendere che voglia tutelare gli interessi non di noi europei ma degli africani, tanto che non è peregrino affermare che sono più americano io, in forza delle comuni radici che affondano in quella Romanità che ha diffuso la civiltà in tutte le nazioni da cui sono partiti i fondatori degli Stati Uniti d’America, che non l’attuale inquilino della Casa Bianca.
Ma anche negli Stati Uniti è in atto una forte reazione alla sbornia del 2008 e i successi del Tea Party stanno lì a dimostrarlo.
Non posso, in conclusione, evitare di esprimere soddisfazione per la netta presa di posizione del nostro Presidente Berlusconi a favore di Parigi.
L’immigrazione è un problema di tutti e deve essere risolto a tutela dei cittadini di ogni singola nazione europea, unici titolari del diritto di proprietà sulla loro terra, respingendo le nuove invasioni e rimandando a casa chi, rifiutando di assimilarsi e integrarsi, pretenderebbe di portare il suo disordine all’interno della nostra Civiltà.
Con le buone o con le cattive.
Il consenso che ricevono i comportamenti e le risposte alla Sarkozy (ma anche contro la costruzione di moschee e il respingimento dei barconi di immigrati azione in cui l’Italia di Berlusconi e Bossi è capofila) ci dicono che i Popoli e le Nazioni dell’Europa non vogliono intrusi.
Se la politica saprà raccogliere il segnale, la soluzione sarà suaviter in modo, fortiter in re.
Se la politica si affiderà alle commissarie lussemburghesi, alle Merkel o agli Obama, la soluzione – perchè comunque, volenti o nolenti gli abatini del politicamente corretto,ci sarà - sarà solo fortiter: in modo et in re.


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15 settembre 2010

Marina, Marina, Marina

C’era una canzone, negli anni sessanta, che invocava la donna dei sogni, che si voleva "al più presto sposar" : “Marina”.
Marina, nel senso di Marina Berlusconi, ora rappresenta la donna degli incubi di tutti i sinistrati d’Italia.
Se, infatti, si realizzasse l’ipotesi ventilata ieri da Il Resto del Carlino , potrebbe accadere che Silvio Berlusconi porti a compimento la legislatura e quindi, all’età di 77 anni, si ritiri in una delle sue ville ai Caraibi o, più probabilmente, sul colle del Quirinale, risolvendo la questione della successione alla guida del Centro Destra con l’ingresso in campo della sua primogenita, Marina Berlusconi, che nel 2013 avrà 47 anni e, quindi, prolungando il berlusconismo di un altro ventennio ma, soprattutto, considerando la prolificità della stirpe, dando il via ad una dinastia politica che non avrebbe nulla da invidiare ai Kennedy, ai Bush, ai Nehru/Gandhi o, per restare in Italia, ai La Malfa e ai Berlinguer.
Proprio da tali precedenti nessuno dovrebbe avere alcunchè da obiettare e il valore di Marina Berlusconi, già noto in campo imprenditoriale e riconosciuto negli ambienti finanziari internazionali, dovrebbe e potrebbe misurarsi nell’arena politica, scontando gli odi dei sinistrati d’Italia e dei loro caudatari vecchi e nuovi, ma anche dando continuità ad un progetto di rinnovamento della Nazione.
Mi si consenta, infine, una visione godereccia dei travasi di bile di tutti gli antiberlusconiani in s.p.e. che dovrebbero acconciarsi a subire, per almeno un ulteriore ventennio, un nuovo Berlusconi in politica.
Visione che, anche da sola, spinge ad auspicare che la fantasiosa ipotesi de Il Resto del Carlino possa realizzarsi.

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14 settembre 2010

Ci odiano.Prendiamone atto e comportiamoci di conseguenza

L’anniversario dell’11 settembre è passato con la doverosa commemorazione dei quasi tremila assassinati dalla barbarie dei fondamentalisti islamici.
Ma perchè tale commemorazione non resti un momento di vuota liturgia, è necessario trasformare il cordoglio e la commozione in atti positivi che incidano sulla realtà concreta del mondo globalizzato.
Dobbiamo prendere atto che l’odio verso i cristiani e, più in generale, gli occidentali, l’ “uomo bianco”, trascende ben oltre i limiti dei fondamentalisti musulmani.
L’amico Bisquì ha documentato, nel suo rinato blog , le farneticazioni di un predicatore negro che vorrebbe uccidere tutti i Bianchi a suo dire portatori del Male, mentre in Sudafrica stanno dando corso pratico a questa nuova “pulizia etnica” tra il silenzio generale di chi strepitava un giorno sì e l’altro pure (e spesso a sproposito) contro il Governo dell’Apartheid.
Sul fronte islamico vediamo che con o senza le “provocazioni” del reverendo Jones e dei suoi emuli che hanno bruciato copie del corano, la violenza colpisce i cristiani e gli occidentali.
E’ di questi giorni l’incendio di chiese e i tentati assalti alle basi Nato, ma la lista di omicidi per motivi religiosi e di farneticanti proclami che scatenano la caccia al cristiano è ben antecedente alla prima reazione, sottolineiamo: totalmente incruenta e meramente simbolica, del rogo del corano.
Sacerdoti italiani sono stati assassinati nella “civilissima” Turchia in odore di “santità” europea, nonostante un referendum che ha ridotto il ruolo dei militari, garanti della laicità dello stato.
A Parigi cova ancora sotto le ceneri il fuoco delle banlieu che Sarkozy, allora ministro degli Interni, era riuscito a soffocare usando il pugno di ferro, ma solo dopo devastazioni sul modello di quelle provocate, limitatamente a Genova, nel luglio 2001 dai lanciatori di estintori.
A Londra, nel luglio 2005, gli attentatori della metropolitana furono musulmani di seconda e terza generazione, dotati di cittadinanza e voto e solo con il ritorno dei Conservatori al potere si è iniziata una politica restrittiva sull’immigrazione.
A New York i musulmani hanno la sfrontatezza di pretendere di costruire una moschea nei pressi del luogo dove sorgevano le Torri Gemelle abbattute dalla violenza sanguinaria dei terroristi islamici.
In Italia siamo costretti a defatiganti battaglie per impedire la costruzione di moschee, minareti e “centri di culto islamico” che diventerebbero dei santuari dove si radunerebbero tutti coloro che ci odiano per chissà quali complotti ai nostri danni.
Se si considera che ci sono persone che, addirittura, al nostro interno, si sfilano dalla doverosa solidarietà e vorrebbero non solo dare ospitalità, ma anche ricoprire di benefici quali edifici di culto, cittadinanza e voto a chi vorrebbe, invece, solo imporci i suoi fanatismi, allora il quadro del pericolo è ben delineato.
I musulmani, che siano fondamentalisti o “moderati”, ci odiano, per una ragione molto semplice: la nostra Civiltà ha consentito alla nostra gente di creare benessere ed elevare le condizioni di tutti.
Risultato che loro non sono riusciti ad ottenere, restando ancorati ad un sistema feudale (inteso nel senso spregiativo del termine, perchè in realtà il Feudalesimo fu, ai suoi tempi e in Europa, un momento di progresso, un punto di passaggio forse obbligato per la nostra crescita civile) che a fronte di pochi privilegiati che vivono nel lusso (e nel vizio) più sfrenato, vi sono masse di diseredati cui viene fatto il lavaggio del cervello in chiave religiosa per stornare l’attenzione dai loro problemi interni e catapultarne l’odio verso di noi.
Insomma: ci odiano.
Prendiamone atto e comportiamoci di conseguenza, non concedendo alcuna fiducia, non fornendo loro la corda per impiccarci, non accogliendo, come da intuizione di ben dieci anni fa del Cardinal Biffi , chi si sa che non vuole assimilarsi e integrarsi.
E, ancora meno, fornendo loro luoghi in cui alimentare il loro odio e organizzare le loro azioni al riparo da controlli, pur essendo a casa nostra, o regalando beni preziosi come la cittadinanza e il diritto di voto.
Molti sono entrati in Italia e nell’Occidente e dubito che si possa ora pensare di ridurne il numero, ma non è mai troppo tardi per accorgersi del pericolo e far suonare al Big Ben della politica l’ora di fermare questa invasione.
Il Popolo, questo, lo ha compreso e la prova l’abbiamo nei sondaggi che forniscono percentuali bulgare, come quelle che appaiono ne Il Resto del Carlino , di contrari a costruzioni di moschee, centri islamici, concessioni varie.
Il Popolo ha compreso che ci odiano e che rappresentano un pericolo per la sopravvivenza, forse non la nostra ma quella dei nostri figli sì.
Sta a noi, a come sapremo reagire, contenere e respingere l’invasione , far sì che i nostri figli ci ringrazino per aver lasciato in loro eredità esclusiva la terra dei Padri, oppure farci maledire in eterno per aver aperto le porte a chi ne minaccerà la libertà, la sicurezza, la proprietà e il benessere.


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13 settembre 2010

C'era una volta la scuola

Oggi, in mezza Italia, hanno riaperto le scuole e le torme di ragazzi che, festosamente, si incontravano dopo i mesi delle vacanze, hanno segnato il passaggio dall’estate all’autunno.
Per chi, come me, i 13 anni scolastici sono stati caratterizzati da una data simbolica, il 1° ottobre, questa varietà di “primo giorno di scuola”, sempre diverso da anno in anno e anche da regione a regione, toglie molto del sapore e della poesia di un momento che, quando lo si vive, scorre spesso senza bagliori ma negli anni successivi diventa fonte di dolce nostalgia per ricordare “come eravamo”.
Ma il primo giorno di scuola, ancorchè in formato spezzatino, è l’occasione per una riflessione su quell’importante componente della società che è l’istruzione dei più giovani.
Istruzione che non può essere disgiunta dalla educazione, spesso latitante anche e soprattutto per colpa di famiglie troppo distratte.
L’anno scolastico che si apre è caratterizzato da una forte protesta degli insegnanti cosiddetti precari che contestano tagli e riforme del Ministro Gelmini, forse il miglior ministro dell’Istruzione, dopo Gentile, che abbia avuto l’Italia unitaria.
C’era una volta la scuola, dove si insegnava, dove la selezione preparava alla vita, dove ogni studio superiore preparava a specifici ruoli e solo uno, il liceo classico, consentiva di accedere a tutte le facoltà, dove la conoscenza non era disgiunta dalla educazione.
Era una scuola in cui, certo, i figli dei più ricchi erano favoriti, agevolati, ma dove chi ricco non era poteva sperare di dare una solida, utile, vera istruzione ai propri figli che potevano avanzare negli studi con gli aiuti per i “più capaci e meritevoli” e trovare una collocazione professionale adeguata ai sacrifici.
Terminare gli studi era, quindi, un primo successo nella vita, una base per raggiungerne altri cui si era stati preparati e formati, anche culturalmente.
Poi arrivò “il sessantotto” e quella scuola finì.
Finì per l’insipienza di governi e ministri deboli e paurosi (quelli che mi ricordo si chiamavano Misasi e Malfatti, Falcucci e Sulloriformatore fasullo”) che non seppero appoggiare presidi e professori nel loro tentativo di continuare a trasmettere cultura.
Arrivarono le promozioni di massa, la liberalizzazione dell’accesso alle facoltà universitarie (causa prima degli attuali "numeri chiusi"), le assunzioni galoppanti di insegnanti, le assemblee e le occupazioni.
Gli insegnanti cresciuti con il culto del sapere e la consapevolezza che quella era una “missione” furono isolati, invecchiarono, andarono in pensione e furono sostituiti da un personale figlio di quel sessantotto devastante e devastatore.
Poco lavoro, poco stipendio, un tacito accordo con uno stato piccolo piccolo, che chiedeva poco e in cambio riceveva in proporzione.
La scuola era divenuta un approdo sicuro che concedeva tanto tempo libero per scrivere un libro o dedicarsi ad altre attività lasciando all’insegnamento scampoli di impegno, mentre per gli studenti era un parcheggio in attesa di occupazione che, però, si voleva corrispondente al titolo di studio facilmente conseguito.
Gli studi umanisti venivano ridotti e scherniti per lasciare il posto alla “modernità” degli studi matematici e di informatica.
Così sono riusciti a raggiungere la par condicio tra i giovani “vecchi italiani” e i loro coetanei “nuovi italiani”: nell’ignoranza della nostra lingua, dei nostri costumi, della nostra storia, della nostra civiltà, della nostra geografia, del nostro passato le cui radici affondano nella Romanità che si può comprendere appieno solo se si studia – o, almeno, si acquisisce una “infarinatura” - anche il latino (e il greco) .
Intanto continuavano ad essere formate classi, anche per “seguire” quei “nuovi italiani” sempre più numerosi e sempre più frenanti per ogni piano di studio.
Con la scusa della “istruzione pubblica” si sono buttati miliardi essenzialmente per pagare (poco) gli insegnanti.
Il 93% del bilancio dell’istruzione serve a pagare gli stipendi del personale.
Ci sono, ha dichiarato il Ministro Gelmini, più bidelli (absit iniuria verbis) che carabinieri.
I docenti più preparati, più coscienziosi non ottenevano alcun riconoscimento che desse loro quelle motivazioni per continuare, venendo trattati esattamente come gli altri.
Professori che occupano gli istituti e vi dormono nei sacchi a pelo o che, pur all’anagrafe uomini, circolano con i tacchi a spillo non possono certo ispirare rispetto agli alunni, nè avere alcuna autorevolezza.
La Gelmini sta cercando di porre fine a questo scempio.
E tanto più siamo distanti dal suo inizio in quel “sessantotto” di infausta memoria, tanto più dolorosi (e contrastati) saranno gli interventi necessari.
Ma l’obiettivo non può che essere il ritorno alla scuola di una volta:
selettiva: perchè sin dalle elementari dovranno essere incentivati agli studi i “capaci e i meritevoli” e mandati a fare le prime esperienze lavorative i lavativi e chi, pur con tutta la buona volontà, non riesce;
educativa: perchè deve preparare non solo il professionista di domani, ma anche l’Uomo e il miglior insegnamento si ha dai classici della letteratura italiana e latina, dalle speculazioni dei filosofi e dalla conoscenza della nostra storia;
con insegnanti motivati e ben pagati e perchè sia così non possono essere un esercito, come non può esserci una pletora di studenti presenti solo perchè alle famiglie torna comodi parcheggiarli a scuola o per conseguire “un pezzo di carta” svalutato e privo di sostanza;
con programmi aggiornati ma che non siano prigionieri dell’ideologia e neppure succubi della necessità demagogica di trascinare quegli alunni (a cominciare dai “nuovi italiani”) che non sono in grado di tenere il passo;
economicamente sostenibile per la società, perchè la scuola, come tutti i servizi, deve essere gestita con criteri di economicità, a livello di istituto, a livello locale e nazionale.
Comprendo la rabbia e la reazione di molti insegnanti che ritengono di essere stati penalizzati (e probabilmente è così) dal fatto che “solo” adesso si è cominciato a mettere mano nella scuola, ma l’onere della scuola uscita dal “sessantotto” era insostenibile e, lasciato correre per oltre quaranta anni, adesso ha provocato tagli più che dolorosi ma assolutamente necessari.
La strada che ha imboccato la Gelmini non porta alla popolarità, ma sicuramente è l’unica che possa consentirci di tornare, forse tra una generazione, a produrre cultura e a trasmetterla ai giovani, come è sempre stato, almeno fino alla sbornia ugualitaria e massificante del sessantotto.



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12 settembre 2010

Per chi suona Campana

La notizia è arrivata in fine settimana: l'associazione calciatori ha proclamato uno sciopero per la giornata del 25-26 settembre.
La motivazione dello sciopero discende dalla mancanza di rinnovo del contratto collettivo che rappresenterebbe un articolato che indica i doveri e i diritti "minimi" nella gestione dei calciatori professionisti.
Sì, perchè a differenza di quel che, di primo acchito, si potrebbe supporre, i calciatori sono, a tutti gli effetti, lavoratori dipendenti.
Obbligati anche a chiedere le ferie, giustificare le assenze e timbrare il cartellino.
Se ben ricordo ci fu un solo sciopero precedente 15-20 anni fa, per il resto i calciatori si sono sempre limitati a ritardare l'inizio delle partite.
Ho letto editoriali di fuoco contro questa decisione, mentre da parte dei calciatori si sostiene (con alcuni eccessi come la dichiarazione non smentita di Massimo Oddo circa una battaglia per i "diritti umani") che il contratto è necessario per tutelare quelli che non appartengono alla elite profumatamente pagata, ma chi non avrà mai i titoloni sui giornali.
In effetti abbiamo sempre sotto gli occhi i campioni più celebrati e i loro ingaggi a sei zeri, ma per ognuno di questi ve ne sono tanti altri che guadagnano proporzionalmente poco se si considera la breve durata di una carriera sportiva.
Ma non voglio entrare nel merito degli "otto punti" che domani calciatori e Lega andranno a discutere, quanto sottolineare come l'anomalia risieda nella pretesa di regolare una situazione peculiare come quella del calcio o dello sport in generale, mediante gli stessi criteri che si applicano ad una normale attività lavorativa.
Si è imposto, con la c.d. "sentenza Bosman" la libera circolazione dei calciatori, come se fossero formaggio, all'interno degli stati aderenti all'europa.
La squadra che vince il campionato italiano può giocare con tutti stranieri e non ha neppure un calciatore nella Nazionale.
Il patrimonio di una società calcistica viene depauperato con la possibilità, per i calciatori a fine contratto, di "svincolarsi" e così a quelli bravi vengono proposti contratti faronici e di durata pluriennale, con penali di rescissione che provocano una continua rincorsa nei prezzi, con l'alea di un infortunio.
Se, infatti, un dipendendente del catasto che si rompesse una gamba, dopo un mesetto potrebbe tornare a svolgere il suo lavoro senza problemi, per un calciatore un trauma osseo potrebbe anche segnare la fine della carriera.
La trasformazione delle società di calcio in spa e, più ancora la cosiddetta "riforma Veltroni-Melandri" della seconda metà degli anni novanta hanno ridotto le società di calcio ad aziende con tutti gli obblighi di queste, ma senza la possibilità di stabilizzare il loro patrimonio, che è il parco calciatori, per una programmazione di lunga durata.
L'invasione degli stranieri, favorito dalla sentenza Bosman, ha ridotto gli sbocchi per gli italiani ed ha gravemente nuociuto alla Nazionale.
Non sfugge, sia detto per inciso, come, ancora una volta, la tenaglia "comunisti+ magistrati" abbia provocato danni.
Per questi motivi non mi sento di biasimare i calciatori che, anzi, mostrano di essere sensibili alla sorte dei meno fortunati tra loro (comunque vada i Pirlo e i De Rossi avranno un ingaggio ben superiore a quello minimo contrattuale) e del resto la stessa associazione calciatori fu fondata dai Bulgarelli e dai Rivera, cioè da giocatori che, già allora, erano affermati e certo non ridotti a chiedere qualcosa per se stessi.
Ciononostante credo possa essere l'occasione per imporre un calmiere ai costi del calcio e restaurare il primato del gioco sull'affare.
Smettiamola di considerare i calciatori come lavoratori dipendenti e compensiamo la loro peculiarità, magari con un fondo speciale per aiutare chi smette senza aver avuto successo, un fondo, ovviamente, che non dovrà essere alimentato da soldi pubblici, bensì da una trattenuta di solidarietà sugli ingaggi superiori ad una certa cifra annua (diciamo 300mila euro ?).
E per togliere i calciatori dalla categoria dei lavoratori dipendenti è necessario tornare indietro nel tempo, quando le società di calcio non erano s.p.a., non avevano fini di lucro e non dovevano soggiacere alle regole del diritto societario (con annessi e connessi anche fiscali), ma si basavano sul mecenatismo del Paperone locale, disposto a fallire lui, ma non a far fallire la sua squadra.
E ci si accordi per far giocare, obbligatoriamente, gli italiani.
Perchè se, purtroppo, genuflessi come siamo agli ukase europei siamo costretti ad accettare l'ingresso di calciatori in numero pressochè infinito, abbiamo comunque ancora la libertà di decidere quanti per squadra possano giocare, imponendo un numero minimo di italiani contemporaneamente in campo..
Gli stranieri, con tali limiti, abbandoneranno l'Italia ?
Tanto di guadagnato.

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10 settembre 2010

11 settembre

Domani, undici settembre, ricorrenza ormai abituale da quell’undici settembre di nove anni fa quando un gruppo di fondamentalisti islamici aggredì l’Occidente facendo precipitare aerei di linea su New York e Washington.
Fu un momento in cui, purtroppo solo per un attimo, tutti in Occidente comprendemmo di essere sotto attacco e che l’islam era quello di sempre, quello che nei secoli, fondandosi su un insegnamento violento e sopraffattore, aveva sempre cercato di conquistarci e di renderci schiavi.
Con la forza, con il ricatto della paura, con quello del petrolio e adesso con quello del terrorismo.
Fu un momento in cui, grazie ad un Presidente come George W. Bush cui la Storia, quella vera, tributerà grandi meriti, l'Occidente seppe riprendere la guida del mondo dando un senso al nostro essere Occidentali.
Sono cambiati i tempi e gli Stati Uniti, che solo adesso sembrano riaversi dalla sbornia che li portò a votare per quello “giovane, bello (?) e abbronzato”, stanno purtroppo cedendo, come già fecero nel Vietnam, alla stanchezza di una battaglia isolata, costosa e combattuta con ambedue le braccia legate dietro la schiena, visto che al nemico tutto è concesso, mentre a noi viene rinfacciato il benchè minimo e insignificante errore o eccesso.
Ben venga, quindi, la provocazione di un predicatore della Florida che propone di bruciare il corano nella ricorrenza dell’11 settembre.
Ben venga perchè fa notizia, perchè torna a far puntare i riflettori sul problema islamico, perchè rappresenta non la negazione di una religione o di una cultura (se così potrà mai essere definita) ma una riaffermazione della nostra Identità.
Il povero Reverendo Jones verrà sottoposto ad ogni genere di pressione, ma comunque vada e finire, che ceda o persista nel suo proposito, avrà ottenuto il risultato di proporre all'attenzione mondiale la volontà di reazione alla protervia islamica che anima i sentimenti del Popolo.
Bruciare un libro è brutto.
I libri si leggono, si conservano, come anche dal più cretino si può sempre apprendere qualcosa, così anche nel libro meno interessante ci può essere una intuizione utile.
Ma l’iniziativa del pastore protestante non vuole cancellare un libro e quel che c’è scritto, bensì vuole simboleggiare l’affrancamento dal politicamente corretto e, in questo, ha fatto centro.
Tuonano, infatti, gli abatini del “non si può”, gli stessi che tacciono e si voltano dall’altra parte (quando non giustificano ...) i simbolici falò di bandiere, sacri simboli nazionali e di pupazzi con le effigi dei Leaders Occidentali, attuati da una massa scomposta e urlante, anche all’interno delle nostre nazioni.
MA, si dice, noi siamo civili, superiori e, quindi, non bruciamo i libri.
Allora decidetevi, abatini del politicamente corretto: o non ci sono civiltà superiori, per cui noi dobbiamo, una buona volta, fermare l'arrogante aggressione dei musulmani usando i loro stessi ssistemi, gli unici che capiscono, oppure siamo superiori e, allora, è nostro dovere, prima ancora che diritto, intervenire pe garantire la nostra sicurezza e la crescita civile degli islamici, usando, se necessario, anche la forza che, ugualmente, è l'unico linguaggio che possono comprendere.
Non illudetevi che ci sia una "terza via" (inesistente sempre e ovunque) perchè a mostrarsi "civili" si proietta l'idea di debolezza e gli attacchi aumenterebbero di intensità.
Decidetevi, una buona volta, perchè a me stanno bene entrambe le soluzioni.
Se il fuoco deve rappresentare una protesta simbolica, ben venga anche l’iniziativa proposta dal pastore protestante e tacciano, vergognandosi, quelli che davanti ad altri e ripetuti fuochi hanno sempre e soltanto taciuto.
Anche così possiamo ricordare ed onorare chi è caduto l’11 settembre 2001 per mano di fondamentalisti islamici.

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09 settembre 2010

Berlusconi sbaglia a dilatare i tempi

Credo che Berlusconi e i suoi consiglieri non siano degli sprovveduti e, quindi, spero che la loro decisione di rinviare il redde rationem sia fondata su elementi che garantiscano la tenuta del governo sui provvedimenti essenziali della giustizia, immigrazione, tasse, riforme, indipendentemente dalle decisioni dei finioti.
Non mi interessa come, mi interessa il risultato.
Ciò non toglie che abbia profonda sfiducia verso le “colombe”, dei Letta, che già nel 1994 presero una solenne cantonata fidandosi di Scalfaro.
Ed è notorio che preferisco il Berlusconi da comizi elettorali, quello, tanto per intenderci, che ridicolizzò Della Valle a Vicenza, che chiamò “coglioni” quelli che avrebbero votato contro i loro interessi e “kapò” un parlamentare socialista tedesco, che in un comizio citò gli omosessuali che tanto “stanno tutti dall’altra parte” o che definì “Civiltà Superiore” quella Occidentale rispetto a quella islamica.
Il Berlusconi ecumenico, oltre a non rispecchiare la sua immagine di uomo del fare, mi spaventa, perchè l’ecumenismo vuol dire compromesso, vuol dire cedere in tutto o in parte alle richieste altrui, incompatibili con una sana gestione della cosa pubblica.
O, almeno, incompatibile con quella che io ritengo essere una sana gestione della cosa pubblica, finalizzata alla sicurezza ed al benessere dei cittadini, nel nome del principio: prima di tutti gli Italiani.
Allora non posso che sentirmi più attratto dal Bossi ruspante che spernacchia Fini e la sua pretesa di restare incollato alla poltrona di presidente della camera e che ipotizza di forzare il gioco non votando la fiducia al governo e, quindi, rendendo inutili i voti sottratti dai finioti alla loro casa madre.
Aspettare, secondo me, significa dar tempo alla sinistra di organizzare l’ammucchiata antiberlusconiana con l’unico scopo di impedire a Berlusconi di governare, non potendo trovare loro, tutti assieme, un progetto da proporre e, tantomeno, da realizzare.
Ha, quindi, ragione Bossi che vorrebbe votare a fine novembre, lasciando una vacatio di soli tre mesi scarsi e, quindi, con un governo a pieno regime sin da gennaio.
E senza la palla al piede dei finioti.
Non dobbiamo infatti credere agli editoriali interessati scritti sulla stampa dei poteri forti che, per dissuadere dal voto, un giorno sì e l’altro pure cercano di proiettare l’idea che dalle elezioni non uscirebbe alcuna maggioranza, operando alchimie matematiche applicate ai sondaggi e ai risultati delle precedenti elezioni.
Nel 2006 non uscì maggioranza al senato, perchè la sinistra non era (e non è) maggioranza e nel contempo perchè ancora non sono stati chiariti gli esatti termini dei voti espressi, essendo mancato quel riconteggio negato allora al Centro Destra e invece concesso in tutta fretta alla sinistra in Piemonte per contrastare la vittoria di Cota.
Solo il voto, quindi, può definitivamente chiarire i rapporti di forza e chi deve governare per i prossimi cinque anni.
Fossi in Berlusconi non mi fiderei delle “colombe”, troppo legate, anche nel loro ruolo da “pontieri”, con quei “poteri forti” che lo ostacolano in ogni modo perchè desiderano una Italia di sudditi e per ottenere ciò hanno bisogno non di uno statista indipendente e ricco di suo, ma di semplici funzionari di partito, ansiosi di salire le scale sociali.
Berlusconi, purtroppo, ha ormai 74 anni e il tempo,comunque, non gioca a suo favore, quindi deve cogliere l’attimo di quella che, oggi, potrebbe essere la sua ultima campagna elettorale intensa e vincente, proponendo tutti quei temi che hanno scaldato e scaldano il cuore del Popolo del Centro Destra e, in parallelo, fanno schiattare di bile quello di sinistra.

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