Sono stati in prima linea, sulle barricate, durante tutta la campagna elettorale, in una disperata lotta per salvaguardare i propri privilegi derivanti dalla contiguità alle consorterie di potere.
Dalle pagine dei quotidiani e sull'etere dei rotocalchi radio televisivi, hanno usato tutti i mezzucci, tutti i trucchetti, tutti gli sgambetti di cui sono capaci per limare e limitare la possibilità del Centro Destra di ottenere un grande vittoria elettorale.
Sono arrivati persino al punto da dare credito e spazio alle liste monotematiche nella consapevolezza che ogni voto dato loro era un voto tolto al Centro Destra.
La notte delle elezioni erano tramortiti, ma presto si sono riorganizzati in una nuova Linea del Piave, cercando di seminare zizzania tra i partiti usciti vincitori nella coalizione di Centro Destra, cercando di vellicare ora Salvini, ora Berlusconi, ora la Meloni, nelle loro legittime ambizioni personali e di partito, per farli litigare e consentire a Mattarella di inventarsi qualcosa per giustificare un incarico diverso da quello che tutti si aspettano per Giorgia Meloni.
Ad un certo punto, quando il 13 ottobre Forza Italia ha comunicato che non avrebbe partecipato alla prima votazione per l'elezione del Presidente del Senato, hanno pensato di aver raggiunto l'obiettivo e già si dedicavano a discutere di come ne sarebbe uscita la Destra, quando, inaspettatamente, un applauso si è alzato dall'emiciclo: La Russa, Ignazio Benito come tengono a precisare i sinistri, ha raggiunto (e superato) il quorum per essere eletto.
Altra batista solenne, ma subito si sono aggrappati allo strappo di Berlusconi, alle spiate dal buco della serratura con le inquadrature degli appunti del Cav e per giorni hanno sperato che fosse la volta buona, che il Centro Destra si rompesse e, pronubo Mattarella, uscisse una "maggioranza Ursula" in chiave italiana.
Il Cav, sul quale, come per una legge di contrappasso, avendolo per trent'anni insultato e attaccato, avevano centrato le loro ultime speranze, si è accordato con Giorgia Melone (e Matteo Salvini) e il Governo nascerà.
Ad essere divise sono invece le opposizioni, che stanno litigando per qualche strapuntino minore, al grido "sono io l'opposizione" e, come in un asilo infantile si andava a piagnucolare dalla maestra, "lo diremo a Mattarella".
Ma domani sarà un altro giorno e tra una lacrimuccia antirazzista, una ricorrenza antifascista, un predicozzo di Bergoglio e una invettiva ecoclimatista, troveranno ancora il modo per sbarcare il lunario, seminando veleni, sempre comunque al servizio delle consorterie straniere e contro l'Interesse dell'Italia e degli Italiani .
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