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08 marzo 2024

Il verminaio all'interno dello stato

Il verminaio, termine con il quale nel mio commento del 4 marzo, definii la spregevole vicenda del dossieraggio e che ieri è stato utilizzato anche dal procuratore di Perugia Cantone, sta assumendo le dimensioni di una gigantesca cloaca.

Da trenta spiati nel loro privato si è passati a cento, poi ottocento, quindi diecimila, poi trentatremila e non si vede una fine.

Un uomo delle Forze dell'Ordine e un magistrato sono i primi ad essere nominativamente finiti nell'occhio del ciclone e aleggiano sospetti su altri possibili impiegati infedeli dello stato e giornalisti alla caccia di notizie riservate.

Due magistrati sono stati ascoltati da due commissioni parlamentari (antimafia e copasir) ed hanno sostanzialmente, sia pur con sfumatore diverse, da un lato confermato il verminaio emerso, dall'altro tentato una difesa di ufficio della titolarità delle indagini.

Credo, però, che anche questa vicenda si debba inquadrare nell'ambito della necessaria rivoluzione del mondo giustizia.

Rivoluzione perchè una riforma non basta, troppo debole, troppo morbida, troppo compromessa.

La Politica deve riprendere il pallino di queste indagini per rendere pubbliche tutte le malefatte e determinare quelle condanne morale e politiche che un lunghissimo, dispersivo processo non riuscirebbe a imporre, anzi, tra prescrizioni, eccezioni e rinvii, contribuirebbe solo a far dimenticare.

Le stesse procure speciali andrebbero profondamente riviste, per riportare l'ambito operativo dei magistrati alla mera applicazione delle leggi vigenti per evitare interventi fondati sul pregiudizio ideologico dei singoli.

Analogamente deve essere regolata la stampa alla perenne ricerca di scandali da gridare in prima pagina, non solo secretando, con punizioni severissime in caso di violazione, le risultanze delle indagini, ma anche cancellando ogni agevolazione pubblica, perchè i giornali devono vivere in base al consenso che hanno da parte dei lettori e quindi degli inserzionisti pubblicitari, non con le tasse di tutti noi che, in gran parte, quel quotidiano non solo non leggiamo ma non vogliamo neppure prendere in mano.

Ugualmente dicasi per chi ha il compito delicatissimo di insegnare.

Non possiamo avere maestre che vanno in giro per il mondo a dare martellate in testa a chi non la pensa come loro (salvo poi piagnucolare a reti unificate se finiscono in galera e sotto processo all'estero), o professori che sputano alle Forze dell'Ordine, oppure, ancora, professoresse che stillano lacrimucce di vicinanza alla morte di una terrorista.

Non voglio pagare, cone le mie tasse, i loro stipendi.

Capisco che intervenire su tali questioni sia, al momento, fuori discussione.

Già il Governo, metà del quale oggetto dei dossieraggi del verminaio uscito grazie alla denuncia del Ministro Crosetto, è sotto un attacco concentrico di tutte le strutture di potere che formano, anche in Italia, quelle consorterie che si sono consolidate nel tempo (partiti di sinistra, sindacati, Vaticano post Bergoglio, industriali poco imprenditori ma molto sovvenzionati, giornalisti, nani, ballerine, burocrati pubblici e la lista non è esaurita) e quindi ha difficoltà anche solo a proseguire sulla strada di un timido rinnovamento che però è l'unica percorribile considerando le forze contrarie (ricordiamoci sempre la lezione di Berlusconi nel 2011) confidando sul sostegno degli Elettori perchè, nel tempo, si possa andare sempre più veloci nel contrasto di tutte le metastasi che stanno emergendo.

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