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06 novembre 2020

Conte nella palta

La inettitudine di quelli nelle cui mani, grazie a parlamentari interessati solo alla poltrona che occupano, siamo finiti, è esemplarmente riassunta nella vicende del dpcm in vigore da oggi.

Prima Conte chiede (e ottiene) di anticipare da mercoledì a lunedì le sue comunicazioni al parlamento perchè "bisogna fare presto".

Con un discorso involuto e privo di sostanza annuncia il nuovo dpcm settimanale che sarebbe dovuto entrare in vigore il 4 novembre.

Le legittime richieste di precisazione e di coinvolgimento delle regioni obbligano Conte a spostare l'efficacia al 5.

Alle 18 del 4 novembre ancora non si sapeva quali fossero le regioni rosse, gialle e arancioni.

Finalmente vengono comunicate all'alba delle 20 del 4 novembre, con rinvio dell'entrata in vigore a venerdì 6.

Quindi Conte avrebbe potuto fare le sue comunicazioni alle camere il mercoledì, come previsto, consegnando anche il testo definitivo con tanto di elenco delle regioni e loro colorazione.

Ma i dati in base ai quali sono state colorate le regioni sono vecchi e chi è rosso, lo è di rabbia, soprattutto considerando che devono venire chiuse delle attività sulla base di elementi di valutazione superati (il tutto ammesso che si debba procedere con le chiusure e le limitazioni della libertà individuale, cosa che non concedo minimamente).

Nel frattempo si viene a sapere che l'unione sovietica europea ci ricatta e pretende che l'Italia chieda il Mes (che nessun altro stato ha chiesto) e tutti i prestiti previsti per poter continuare ad usufruire dell'acquisto dei propri titoli di debito pubblico da parte della Bce (il bazooka !).

Senza tali acquisti lo spread schizzerebbe in alto come quando fu strumentalmente utilizzato per fare il colpo di stato contro Berlusconi nel 2011.

Annotazione: se l'Italia avesse seguito il Regno Unito e non avesse aderito all'euro (per non parlare dell'uscita benedetta dall'unione sovietica europea) un simile ricatto non potrebbe essere portato avanti, perchè non la BCE ma la Banca d'Italia sarebbe l'acquirente di ultima istanza dei nostri titoli di stato.

Infatti, prima dell'euro, nessuno aveva mai sentito parlare dello spread.

Ma Conte è ancora lì, puntellato dal suo degno compare del Quirinale e con la faccia di bronzo di chiedere a regioni e opposizioni di condividere le sue responsabilità.

Ma lasciamolo affondare nella palta in cui lui stesso si è messo, tanto saremo comunque noi a pagare i danni !

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