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05 settembre 2023

Sbarramenti e rappresentatività

Nel giugno del prossimo anno si svolgeranno le elezioni per il parlamento europeo, un organismo sovranazionale che da sempre è considerato il cimitero degli elefanti e dei trombati nella politica nazionale, ma che negli ultimi anni si è ritagliato un piccolo strapuntino di potere dovendo votare pro o contro il presidente e la composizione della commissione europea.

Se ricordo bene le prime elezioni dirette del parlamento europeo furono nel 1979, una settimana dopo le elezioni politiche nazionali.

Il voto alle europee è un voto "in libera uscita" dove gli elettori danno, sempre più, negli anni, un voto più ideale, per il "partito del cuore" e non un "voto utile" per il partito che meglio avrebbe potuto sostenere una certa idea dell'Italia.

Così, in ultimo, abbiamo visto che nel 2018 la Lega prese il 18% alle politiche e l'anno successivo, dopo un anno al governo con i grillini, ma sotto l'egida del respingimento dei clandestini voluto da Salvini Ministro degli Interni, raggiunse il 34%, per poi crollare a meno del 9% alle politiche del 2022 a causa di due gravissimi errori, l'adesione al governo Draghi con i cattocomunisti e la rielezione di Mattarella, fornendo il carburante per l'ascesa della Meloni e di Fratelli d'Italia.

Resta il fatto che il parlamento europeo non decide, perchè anche le proposte che vota a maggioranza, per essere recepite, devono passare dalla commissione e poi dal consiglio, cioè dalla plenaria di tutti i capi di stato e di governo che, per molte materie, hanno diritto di veto.

Allora il parlamento europeo resta un cimitero di elefanti e di trombati, a meno che non lo si voglia utilizzare per un polso sulla realtà nazionale e per dare un diritto di tribuna al maggior numero di sensibilità ed idee.

Già ora il sistema elettorale è privo di qualsivoglia parvenza maggioritaria, eliminando così la necessità di trovare una intesa tra più partiti e consentendo a ciascuno di essere se stesso e di correre unicamente per le proprie idee.

Finora c'era (c'è tuttora) uno sbarramento che consente l'accesso al riparto dei seggi solo ai partiti che superano il 4%, attualmente Fratelli d'Italia, Pd, Cinque stelle, Lega e Forza Italia, lasciando esclusi una miriade di partiti pur rappresentativi di una piccola fetta di elettorato, come Italia Viva, Azione, VerdiSinistra, Italexit di Paragone,Noi Moderati.

Si parla di ridurre al 3% lo sbarramento.

Anche se personalmente sono favorevole al maggioritario puro e secco di collegio, senza alcuna spolverata di proporzionale, per le elezioni europee credo che più è basso il quorum, meglio sia.

Abbiamo bisogno di una tribuna dalla quale tutte le espressioni ideali dell'Italia possano avere voce e rappresentanza e quindi un proporzionale, anche puro, senza sbarramenti, potrebbe essere quella vetrina che consentirebbe agli Italiani di essere informati su tutte le opinioni e le proposte esistenti.

La mancanza di quorum sarebbe anche una liberatoria per tutti gli elettori che saprebbero che il loro voto, comunque espresso, anche per una lista identitaria e marginale, non andrebbe sprecato.

Non solo, ma le elezioni europee sarebbero il banco di prova per fusioni tra partiti o partiti neonati, come potrebbe essere quello del Generale Vannacci che, continuo a sperare, non si lasci convincere a candidarsi in un partito già esistente e strutturato, ma ne fondi uno ex novo che risponda solo a lui e che in seguito, una volta testata la propria rappresentatività, sappia proporsi alle alleanze con i simili.

Ben venga, quindi, la revisione verso il basso dello sbarramento alle europee, anche se ciò comporterà il riemergere di personaggi, come la Bonino, che gli elettori alle elezioni del 2022 avevano bocciato.

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