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No alla deriva

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27 novembre 2022

Austerità non è una brutta parola. Dipende da come si applica

Scorrendo i punti della manovra predisposta dal Governo Meloni, trovo una attenzione particolare alla tenuta dei conti dello stato.

Il fenomeno venuto da Francoforte, Draghi, ci ha lasciato peggio che in mutande.

Per "merito" suo abbiamo un debito pubblico a quasi 2800 miliardi che lui ha cospicuamente contribuito ad incrementare di 170 miliardi, abbiamo una inflazione a oltre il 10% (2% che era prima del suo arrivo), abbiamo una crisi energetica e un costo delle bollette derivanti dalle sue scellerate scelte di politica estera e sanzionatoria verso la Russia e ci siamo indebitati verso i cravattari di Bruxelles con i prestiti condizionati.

E adesso si torna a parlare di "conti in ordine", quindi di "austerità".

Di suo "austerità" non è una brutta parola, dipende da come la si declina.

Se è per dare ad uno stato quello stesso rigore che adottiamo tutti noi nel nostro bilancio famigliare, allora "austerità" è coniugata correttamente, applicando i principi sani del vivere civile: pagare i propri debiti, dare a ciascuno il suo in base al merito, non spendere quello che non si ha.

Se, però, è per accattivarsi le simpatie (e il voto) di cittadini che vogliono vivere alle spalle di chi lavora e produce o vogliono dare soddisfazione alle proprie paturnie assistenzialiste o ecologiste, allora l'austerità diventa una bestemmia contro la quale diventa lecito adottare ogni tipo di contromisura.

Sperperare per il reddito di cittadinanza, per accogliere i clandestini o per finanziare ed armare il comico di Kiev, significa applicare "austerità" nei confronti di chi lavora e produce, tassando oltre ogni limite legittimo, tagliando redditi e pensioni, sottraendo servizi pagati anticipatamente, riducendo il benessere condizionando riscaldamento invernale e climatizzazione estiva a giorni, orari e temperature imposte a tavolino, a prescindere dalle esigenze individuali.

Trovo quindi nella finanziaria della Meloni un primo tentativo di invertire la rotta.

E' impossibile togliere in un colpo solo quello che i cattocomunisti hanno elargito alle varie clientele nel corso degli ultimi undici anni, il Governo Meloni è obbligato quindi chiunque ad una politica di piccoli correttivi che, al momento, non fanno notizia (se non nella propaganda urlata e senza argomenti dei cattocomunisti).

Non so se la Meloni avrà il tempo per completare l'inversione senza scossoni, ma il fatto che ci stia provando induce a godersi, con maggiore soddisfazione, il quotidiano travaso di bile dei cattocomunisti diffuso su carta, radio e televisione, veicolato dai loro agit prop pubblicitari che continuano a credersi giornalisti.


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