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No alla deriva

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22 novembre 2022

Una manovra buona e realista dopo il fallimento di Draghi

Ieri il Governo Meloni ha approvato la manovra finanziaria e, fermo restando che mai, nessuna manovra, è arrivata all'approvazione senza cambiamenti, si sono subito schierati i pro e i contro.

I cattocomunisti con la loro opposizione preconcetta e pregiudiziale, hanno mandato avanti quelli che devono ricrearsi una verginità, come la Carfagna e la Gelmini, ormai dimentiche del loro passato e quindi le più stolidamente accanite nella critica, ma appaiono anche quelli come Cottarelli che, gettata la maschera della finta imparzialità, si dimostrano allo stesso livello dei Letta, dei Renzi e dei Conte.

La Meloni ha realizzato una manovra con il poco che aveva, il poco o nulla che Draghi le aveva lasciato a disposizione dopo il sonoro fallimento della sua azione di governo che ci ha regalato perle come l'inflazione al 10% e oltre, le sanzioni alla Russia che si portano dietro la crisi energetica e il rincaro delle bollette, i debiti contratti con l'Unione del Male, la designazione di Di Maio a grande commissario per il Golfo Persico, le esternazioni sui vaccini, green pass, condizionatori e pace totalmente smentite dai fatti e, soprattutto, un debito pubblico mai così alto, con un incremento che ci ha portato a oltre 2700 miliardi di debiti.

Ma non sono le sole passività della eredità di Draghi, perchè abbiamo anche questioni di più antica data, mai risolte, che chiamano in causa i predecessori, gli undici anni di governi cattocomunisti, da Monti a Draghi, come la questione della Compagnia di Bandiera e l'Ilva di Taranto prepotentemente tornate alla ribalta e per le quali si richiede l'intervento dello stato, cioè l'immissione di altri soldi che lo stato non ha.

Personalmente la vedo molto dura riuscire a risanare l'Italia con manovre che tengano conto delle esigenze di tutti, che intervengano sempre a tamponare emergenze come il caro bollette o le crisi aziendali.

Personalmente credo che sia di gran lunga meglio una dolorosissima, ma breve nel tempo, azione di tagli draconiani che allontanino lo stato dalle nostre vite e dalle nostre tasche, obbligando tutti a contare sulle proprie forze e non sull'assistenzialismo di stato, perchè la produttività segue il lavoro, non l'assistenzialismo.

Ma temo che se un governo agisse in tal modo, consegnerebbe l'Italia all'opposizione, soprattutto perchè la situazione è marcita, anno dopo anno, per undici lunghi anni, al punto tale che non è possibile confidare in soli cinque anni di legislatura per risanare i danni provocati dai governi di Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi.

La Meloni, quindi, ha redatto una finanziaria possibile, realista e, tutto sommato, accettabile, considerato il contesto in cui è obbligata a muoversi.

Ha introdotto, su tutte le questioni più rilevanti, la prima pietra sulla quale costruire le future manovre, dal superamento definitivo dell'infame legge Fornero sulle pensioni, all'estensione della tassa piatta, dall'abolizione del reddito di cittadinanza fino a piccoli ma molto rappresentativi e significativi provvedimenti come la cancellazione delle cartelle sotto i mille euro e l'innalzamento del tetto per l'uso libero dei contanti.

Intendiamoci, sono solo pannicelli caldi, ma almeno ci sono.

Con Draghi e i suoi predecessori saremmo andati esattamente nella direzione opposta, aumentando il debito pubblico unicamente per spese clientelari, fini a se stesse, senza una prospettiva nè l'appartenenza ad una visione di società.

Ed è proprio questo che è il grande merito di una finanziaria realista e possibile, ridotta ai minimi termini dagli obblighi contratti da Draghi e dai suoi predecessori: si vede un disegno complessivo di società, che non è quella cattocomunista.

Si intravvede una società ideale, in cui sia il lavoro, la produttività, il merito a prevalere sull'assistenzialismo e l'automatismo di carriera.

Una società dove ci sia più Individuo e meno stato. 

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