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No alla deriva

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25 gennaio 2023

Chiudere la propaganda radiotelevisiva mascherata da giornalismo

Sono anni che non guardo le trasmissioni televisive di "informazione" così come non ascolto quelle radiofoniche e, ormai, ho perennemente sintonizzata l'autoradio su "Radio Italia solo musica italiana" (sperando che trasmettano poche di quelle lagne dei cantanti che strascicano le parole e la voce come muezzin).

Ho nostalgia della Tribuna Politica e della Tribuna Elettorale di Jader Jacobelli e Ugo Zatterin, dei quali non ho mai capito le idee politiche a differenza dei conduttori odierni, più faziosi che schierati.

Le trasmissioni del anni sessanta e settanta, sulle quali mi sono "formato", erano poche (una alla settimana che aumentava ad una al giorno sotto elezioni), concrete, argomentate, ordinate e si poteva capire la proposta del politico e quindi del suo partito.

Erano strutturate in modo semplice ma perfettamente ed equamente regolato, nelle due forme esistenti. 

In una il Segretario del partito rappresentato in parlamento, rispondeva, nel corso di una trasmissione di un'ora, alle domande di un gruppo di giornalisti, spesso direttori o editorialisti dei principali quotidiani, secondo la formula: esposizione iniziale del segretario, domanda, risposta, replica e controreplica in tempi contingentati per permettere a tutti i giornalisti designati di fare le loro domande.

L'altra era il dibattito fra due esponenti di due partiti, in genere maggioranza e opposizione, con l'estrazione a sorte di chi parlava per primo e con tempi uguali e contingentati a disposizione di ciascuno.

Pochissime interruzioni.

Ricordo dibattiti bellissimi (tra Andreotti e Almirante, tra Almirante e Malagodi, tra Malagodi e Pajetta) e ricordo che i comunisti si sono sempre rifiutati di dibattere con Almirante, con la scusa dell'antifascismo, ma in realtà nel terrore di venire bastonati dalla dialettica di un politico sopraffino cui solo Andreotti, Fanfani e Malagodi erano in grado di contrapporsi.

Poi arrivò Costanzo, sullo sgabello (ho sempre preferito lo sgabello della Parietti ...) che la buttò in caciara per fare ascolti.

Fu la fine del dibattito argomentato, colto, informato e informativo, per diventare un'arena gladiatoria, dove vince (apparentemente) chi urla più forte e chi non fa parlare l'avversario.

Poichè la formula sembrava piacesse agli spettatori che la seguivano e quindi raccoglieva pubblicità, si è rapidamente arrivati alla spazzatura odierna dove, ad ogni ora della giornata, si susseguono conduttori faziosi (di sinistra) che non guardano all'informazione, ma all'audience ed a portare acqua al mulino del pci/pds/ds/pd (ma il loro reale seguito lo si vede ad ogni elezione).

Nessuna di quelle trasmissioni può essere considerata di "informazione", al contrario è pura disinformazione, realizzata unicamente per inculcare a forza parole d'ordine, schemi mentali, priorità, terrorismo, catastrofismo, insomma per indebolire la capacità delle persone che vi si abbandonano alla visione, di ragionare e di scegliere bene.

Queste trasmissioni, che non sono di "informazione", ma non sono neppure "giornalismo", sono funzionali alla creazione di una massa amorfa di obbedienti sudditi, indottrinati e timorosi di distinguersi dal gregge, abituati quindi a belare in coro.

Sono gli stessi verso i quali film e telefilm accreditano situazioni "politicamente corrette" ma che, in ultima analisi, corrompono la Società e demoliscono la Civiltà.

Ma su film e telefilm orientati a creare bisogni, aspettative, uniformità di linguaggio e di pensiero, parlerò in un altro momento.

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