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15 gennaio 2023

L'Italia non sia più la discarica europea dei clandestini

Parlando tra amici, inevitabilmente si è toccato anche il tema dei clandestini.

Mi è quindi venuto spontaneo un paragone tra le ong e gli spazzini che, ogni giorno, raccolgono e portano in discarica tutto ciò che noi non vogliamo più.

Il loro lavoro finisce lì, la discarica si riempie e tocca a qualcun altro preoccuparsi per la gestione di quella massa enorme raccolta e abbandonata, finchè non si ha più spazio.

Con i clandestini, l'attività delle ong sarebbe uguale se non ci fosse il sospetto di una collusione con mercanti di uomini e scafisti.

Ma ragioniamo come se non ci fosse alcun contatto tra ong e scafisti, le navi ong svolgerebbero esattamente lo stesso lavoro degli spazzini: raccolgono i clandestini in mare e li scaricano in Italia, divenuta una cloaca europea per volontà dei governi di sinistra che hanno aperto i porti in cambio di un occhio chiuso delle poco vigili (a comando) sentinelle unioniste, sugli sperperi clientelari che hanno aumentato di quasi mille miliardi il debito pubblico in undici anni.

Ma torniamo ai nostri "spazzini del mare" che, una volta scaricati in porto i clandestini, riprendono la rotta e ripetono all'infinito lo stesso giro, incuranti della sorte di chi scaricano in porto, lasciando che a gestire il ben maggior problema del vitto, alloggio, cure, istruzione, danni, siano altri.

Quello che manca nel decreto Piantedosi sul regolamento delle ong, è un articolo che obblighi i "salvatori" a gestire anche il dopo sbarco, trovando alloggio, vitto, cure, istruzione e pagando i danni che alcuni clandestini provocano.

Perchè è troppo facile raccogliere gente in mare e scaricarla nel primo porto senza accollarsi alcun onere per il dopo sbarco.

Così come è ormai acclarato che il contributo riconosciuto dallo stato a chi gestisce i clandestini è divenuto un gigantesco business, sul quale c'è chi ci guadagna, mentre le coop e tutte le associazione che si occupano di clandestini, dovrebbero essere su basi volontarie, non soggette alle direttive governative e, quindi, operare come enti di beneficenza, senza alcun costo per la collettività se non per chi, liberamente e volontariamente, volesse offrire il proprio contributo anche economico.

Ecco, in questi termini, con le ong obbligate a prendersi cura dei clandestini anche dopo gli sbarchi e con le coop e associazioni benefiche basate sul volontariato anche economico e senza ristori dallo stato (cioè da noi), penso che il flusso di clandestini potrebbe essere numericamente ed economicamente accettabile e privo di quelle devastanti conseguenze sociali cui assistiamo ormai quotidianamente.

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