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No alla deriva

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26 luglio 2023

Tra slogan e realtà

I cattocomunisti si sono intestarditi nell'urlare compulsivamente una serie di parole d'ordine: fascismo, crisi climatica, accoglienza dei clandestini, leggi di privilegio per gli omosessuali (e dintorni) e sanzioni per chi ancora non si offre alla nuova sessualità, europeismo, dimissioni (di tutti i ministri ed esponenti del Centro Destra), fino ad arrivare all'ultima icona, il salario minimo.

Le balle che vengono propinate sono giusto al livello dei loro elettori che credono ai loro megafoni nella stampa, nella radio e nella televisione.

E non si pongono due semplici domande:

1) perchè, allora, avendo avuto ben undici anni di dominio al governo non hanno provveduto loro ?

2) chi paga ?

Il salario minimo sa tanto di reddito di cittadinanza, cioè un concetto che, teoricamente, può essere condivisibile, ma calato nella realtà trova molteplici difficoltà per una equa applicazione e copertura economica.

Abbiamo visto quante e quali truffe ha consentito il reddito di cittadinanza, esteso persino a chi Italiano non è (e quindi non ha la cittadinanza, ma viene pagato con le tasse degli Italiani !) e il costo per le finanze pubbliche, di oltre dieci miliardi l'anno, cioè, ogni anno, il costo per la costruzione di un ponte sullo Stretto (quantificato in 13 miliardi ma da spendere una volta sola).

Il tutto senza aver abolito tutte le altre agevolazioni su disoccupazione, cassa integrazione etc., sommando quindi un costo per una voce assistenzialista ad altre voci di analoga natura.

Un impianto che non sia assistenzialista, ma solidaristico, vorrebbe invece una unificazione di tutte le erogazioni che lo stato dovesse fare in una unica voce che garantisca controllo dei costi e quindi sia sostenibile per il bilancio dello stato, a costo zero rispetto a quelli che sono gli esborsi attuali (possibilmente da ridurre visto l'enorme debito pubblico che abbiamo) e che sia soggetta ad accurati e costanti controlli perchè non si trasformi in un vitalizio che induca a non ricercare una fonte autonoma di guadagno.

In questo ambito il salario minimo potrebbe avere un piccolo vantaggio se il suo costo fosse esclusivamente imputato alle aziende private e non allo stato che, dal canto suo, dovrebbe anche cessare ogni intervento agevolativo (ad esempio a favore della stampa, del cinema, delle associazioni private ...) o addirittura di finanziamento delle medesime attività che dovrebbero vivere in base alla Legge di Mercato della domanda e dell'offerta.

Appare evidente che, imponendo un minimo salariale per legge e lasciando lo stato estraneo ai costi di tale provvedimento, le aziende sarebbero incentivate a dare copertura contrattuale a tutti i lavoratori, riconoscendo la giusta retribuzione, come appare evidente che quanti, oggi, sono già regolati da un contratto con livelli minimi superiori a quei nove euro richiesti dai cattocomunisti, si troverebbero a doversi difendere dalle legittime richieste aziendali di una generalizzazione del minimo salariale come base di partenza di ogni contratto.

Ovviamente nessuno percepirebbe meno di quanto dovesse percepire oggi, ma la differenza tra la sua retribuzione odierna e quella prevista dalla nuova contrattualizzazione con minimo salariale, verrebbe erogata in una voce transitoria come "assegno riassorbibile" da tutti i successivi aumenti che dovessero essereconseguiti, per contratto, promozioni o welfare aziendale e, quindi, per molti anni non avrebbero alcun miglioramento economico, livellandosi verso il basso.

E' questo che vogliono i cattocomunisti ?

Se riuscissero (ma ne dubito) ad elevarsi oltre gli slogan, direbbero di no, ma non potrebbero contestare alle aziende di normare i nuovi contratti partendo da un minimo salariale imposto per legge.

Appare quindi evidente che le urla belluine della Schlein, di Conte, di Fratoianni/Bonelli e di Calenda sono solo strumentali per avere qualche spazio informativo di propaganda, su un tema che, se non esaminato, incanta solo le menti meno informate e più sensibili alla propaganda.

Chi invece cerca di conoscere le cose, sa che la strada non è quella di imporre per legge, un dirigismo dal sapore sovietico e dogmatico che evidentemente è nel dna dei cattocomunisti, ma di favorire le libere trattative tra le parti per la contrattualizzazione dei rapporti che, in determinati settori (come già adesso: la stragrande maggioranza)  partirebbero da un parametro di base di gran lunga superiore a quei nove euro che vorrebbero i cattocomunisti.

Diversamente si realizzerebbe il solito socialismo reale, in cui sempre più cittadini vengono livellati l'uno con l'altro, ma tutti verso il basso, penalizzando l'impegno, il merito, l'ambizione al miglioramento, l'ingegno e la fantasia che sono il motore di ogni progresso.


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