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No alla deriva

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25 marzo 2022

Più che una Macedonia, è una frittata

E così, per la seconda volta consecutiva, l'Italia è fuori dalla fase finale del Campionato del Mondo di Calcio.

Brutta partita, tanti errori, eliminazione otto mesi dopo la sbornia del Campionato europeo.

A parte la considerazione che si tratta solo di calcio e quindi la "tragedia" non deve essere interpretata alla lettera, la delusione è tale che sicuramente un po' renderà ancora più amara questa stagione fatta da limitazioni della libertà individuale, estromissione dal lavoro per centinaia di migliaia di ultra cinquantenni, aumenti dei prezzi alimentari ed energetici, timori di un inverno senza gas e senza riscaldamento nè luce, tasse in aumento (sotto traccia sta passando l'aumento della tassazione sulle locazioni) e timori per un interventismo bellico governativo che mette in pericolo quasi ottanta anni di pace.

L'eliminazione dal Campionati Mondiali di Calcio è quindi solo l'ultimo dei problemi, ma un ulteriore grigiore che si espande nel cielo dell'Italia di Mattarella e Draghi.

Da appassionato, come altri 59 milioni di Italiani, di calcio ho le mie idee e, sembra fatto apposta, ma anche in questa occasione ritengo l'Unione del Male responsabile delle nostre disavventure calcistiche.

L'obbligo, infatti, di liberalizzare la circolazione dei calciatori e l'apertura delle frontiere, hanno prodotto guasti non solo economici alle società (che giocano con minus e plus valenze nella compravendita dei calciatori) ma soprattutto al nostro vivaio.

Ormai le squadre di serie A si presentano in campo con undici giocatori, la maggioranza dei quali non sono Italiani.

Agli Italiani restano pochi spazi e, per forza di cose, chi gioca cresce e chi non gioca segna il passo.

Il grande errore commesso è stato quello di aver fatto sviluppare il calcio del terzo mondo, consentendo a sempre più giocatori di partecipare ai nostri campionati.

Ma il colmo è nel settore giovanile, dove le squadre mandano a tesserare giovani di altre nazionalità, impedendo anche lo svilupparsi di un vivaio nazionale di calciatori.

Una squadretta come il mio Bologna, schiera nei campionati giovanili calciatori il cui cognome è manifestamente straniero, dalla Finlandia all'Africa, all'Asia, e i giovani calciatori nostrani, i cui costi sono superiori, vengono accantonati nella speranza di trovare l'asso che crei una bella plusvalenza.

La soluzione sarebbe molto semplice, la stessa che ci consentì di far emergere i Rivera, i Bulgarelli, i Mazzola e poi anche gli Antognoni, i Baggio e i Del Piero.

Tu, società di calcio, puoi tesserare tutti gli stranieri che vuoi, ma in campo possono scendere solo in due (o in tre) contemporaneamente, gli altri devono essere tutti di nazionalità Italiana.

E qui ci starebbe il solito pistolotto sulla Nazionalità che non è Cittadinanza che, se applicata, porterebbe la Francia a veder azzerate le sue coppe del mondo.

Ma a me basterebbe che si imponesse la logica degli Italiani in campo almeno in otto o nove.

Tempo una decina di anni e torneremmo ad avere dei giocatori validi in ogni ruolo, che saranno anche utili per la nazionale di calcio.

Ma siamo malati di accoglienza, integrazione, inclusione, globalismo, europeismo e, allora, godiamoci le frittate della nazionale di calcio, ieri contro la Svezia e oggi contro la Macedonia (del Nord).

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